di Andrea Leoni
Sull’Europa tira un’aria di destra e i sondaggi pre elettorali confermano che quel vento soffia anche sulla Svizzera. Tutte le rilevazioni indicano una vittoria dell’UDC alle elezioni federali del 22 di ottobre. C’è anche una fortunata congiuntura tematica a sostegno della destra, una costellazione favorevole simile a quella che quattro anni fa spinse l’onda verde. La campagna elettorale è infatti scandita, anche a livello di cronaca, dai temi cari ai democentristi: immigrazione e neutralità su tutti, con annessa crisi profonda del’Unione Europea.
Per la destra svizzera e ticinese, le prossime elezioni sono un calcio di rigore, quasi un tiro a porta vuota. Per questo motivo sarebbe un insuccesso se l’area composta da Lega e UDC non riuscisse a riconquistare il terzo seggio al Nazionale, perso per poche schede alle elezioni del 2019. Ma a chi “prenderlo”? Gli indiziati sulla carta sono solo due: il Centro o un seggio dell’area rossoverde, quello di Greta Gysin il più esposto. Fiorenzo Dadò, all’inizio della campagna, ha suonato forte l’allarme, mentre socialisti ed ecologisti non paiono percepire il pericolo o perlomeno non particolare preoccupazione. E magari hanno fatto bene i conti e han ragione loro a non gridare “al lupo”.
Fatto sta che se i demoleghisti dovessero mancare l’obbiettivo, significherebbe che uno dei due partiti non gode di buona salute. E che i voti mancati per riconquistare il terzo seggio non si sono travasati da un partito all’altro, ma sono andati disperi fuori dall’area.
Ma anche nel caso l’obbiettivo fosse raggiunto, le conseguenze all’interno dell’alleanza di destra potrebbe essere tutt’altro che banali. Tutto dipende dallo stemma partitico dell’eventuale terzo eletto. Dovesse essere leghista, con la conferma di Marco Chiesa agli Stati, non assisteremo a grandi trambusti. Ma, come è noto, per la prima volta nella storia, l’UDC ha manifestato l’ambizione di scavalcare la Lega in una contesa elettorale, conquistando la leadership dell'area. E non è uguale chi arriva primo, “l’importante è farne tre”, come si è sentito dire nelle scorse settimane.
Più di un esponente leghista di primo piano, sussurra, sempre meno a mezzo bocca e con crescente inquietudine, che un eventuale sorpasso democentrista segnerebbe l’inizio della fine del Movimento di via Monte Boglia, con un futuro sempre più da partner subalterno all’UDC. Un’affermazione forse troppo tragica, ma con un fondo di verità. Di certo saremmo di fronte a un declino conclamato.