di Andrea Leoni
Non era difficile prevedere che le “misurine” decise dal Consiglio Federale la scorsa settimana, sarebbero presto risultate insufficienti. E infatti si stanno squagliando come neve al sole. A fronte di una situazione epidemiologica grave, tra le peggiori nel centro Europa, se non la peggiore, il Governo aveva sostanzialmente risposto con la reintroduzione generalizzata delle mascherine e con altre piccolezze e raccomandazioni. Solo dopo la consultazione lampo, su spinta dei Cantoni, si era perlomeno introdotto il 2G su base volontaria. Troppo poco.
Oggi il Consiglio Federale ha cambiato passo, mettendo in campo un ampio ventaglio di misure incisive che paiono più coerenti rispetto alla gravità della crisi, soprattutto nella Svizzera centrale. Riassumendo per sommi capi, l’articolato progetto messo in consultazione presso i Cantoni, prevede due opzioni: o un’estensione generalizzata della regola del 2G, in versione plus, cioè con accesso ai luoghi chiusi solo a vaccinati e guariti ma con mascherina e seduti (e laddove non fosse possibile con tampone negativo, vedi discoteche); oppure un lockdown parziale per tutti - vaccinati, guariti e non - e per tutte quelle attività al chiuso dove non è possibile indossare la protezione su naso e bocca. Entrambe le opzioni prevedono l’obbligo di telelavoro.
La ragionevolezza, la ponderazione del rischio, delle libertà e dei vari interessi in gioco, porta a ritenere che la strada maestra sia quella di un’introduzione generalizzato del 2G - forse con qualche accento meno severo sul “plus” rispetto alla proposta di Berna - sulla scorta di quanto già fatto dai Paesi confinanti, Italia e Germania in primis. Vale almeno la pena tentare. Ma la domanda è: siamo ancora in tempo o, come avvenuto in Austria, i buoi sono già scappati dalla stalla e non abbiamo alternative a un lockdown parziale? Speriamo di sì perché la chiusura immediata di alcune attività, rappresenterebbe una grave sconfitta per il “modello Svizzera” e una punizione eccessiva, perfino ingiusta, per tutti coloro che hanno fatto il proprio dovere vaccinandosi.
In attesa che la consultazione faccia il suo corso fino alla concretizzazione delle decisioni da parte del Governo federale, è bene che ci diciamo con schiettezza alcune cose. L’esperienza ci ha insegnato che la pandemia va affrontata e valutata fase per fase e che giudizi generali arrischiano di venire smentiti nel giro di poco tempo. I conti si faranno alla fine. Ciò premesso non si può non rilevare come il nostro Paese sia ricaduto negli stessi identici errori commessi alla vigilia della seconda ondata. In primo luogo il poco decoroso rimbalzo delle responsabilità tra Confederazione e Cantoni, su chi era chiamato ad intervenire. Oggi come un anno fa ci sono volute settimane prima che Berna riprendesse le redini della crisi. In secondo luogo l’estrema lentezza nel prendere decisioni semplici, basti pensare ai tentennamenti sulla terza dose del vaccino e, soprattutto, alla sua estensione a tutta la popolazione. Terzo: l’irragionevole prudenza, che ancora permane, verso provvedimenti più stringenti, messi sul tavolo solo sull’orlo del precipizio. E come se permettessimo sempre al virus di riprendere il comando e di imporci le misure, anziché limitarlo, per quanto possibile, con le armi che oggi abbiamo a disposizione (e che un anno fa non avevamo). Errare è umano, ma perseverare è diabolico: perché ricadiamo sempre negli stessi sbagli?
Certo, a queste considerazioni critiche, va aggiunto che il Consiglio Federale ha dovuto confrontarsi con una difficile votazione contro la legge Covid. Un referendum a cui purtroppo si è accodato l’UDC, il principale partito svizzero, che con tale scelta ha alzato la posta in gioco della contesa, mettendo in ulteriore difficoltà il Governo. Lo ha costretto a camminare sulle uova e, sostanzialmente, a perdere tempo. Una scelta davvero poco responsabile in una situazione d’emergenza. Immaginiamoci in quale crisi istituzionale, politica e sanitaria ci ritroveremmo oggi, se quella legge fosse stata bocciata. Meglio non pensarci.
Poco responsabile, però, è stata anche una parte rilevante del popolo svizzero, ostinandosi a rinunciare alla vaccinazione nonostante le macro evidenze sui benefici del farmaco nel contenimento della crisi a livello ospedaliero e, di conseguenza, a livello sociale ed economico. Davvero ci serve l’obbligo di “mamma Stato” per fare ciò che è giusto e necessario per noi e per gli altri?