di Beniamino Sani - articolo pubblicato ilfederalista.ch
Dopo la travolgente vittoria elettorale di Donald Trump, abbiamo chiesto a un economista che ha vissuto e insegnato a cavallo tra USA ed Europa, Giovanni Barone Adesi, qualche indicazione sugli scenari aperti dalla rielezione di The Donald, e sulle ricadute che potranno avere sull'Europa e sulla Svizzera
Barone Adesi è canadese e ha insegnato teoria finanziaria all’USI, con alle spalle studi e incarichi in importanti università USA prima di trasferirsi in Europa.
Il dialogo muove dalla prospettiva che incombe sulle importazioni negli USA, quella dei tenuti dazi. Trump ha infatti tra i suoi soprannomi anche quello di “Tariff Man”, a causa delle barriere commerciali introdotte contro Cina e UE durante il primo mandato alla Casa Bianca.
Barone Adesi: "Nuovi dazi, introdotti dalla amministrazione Trump, ostacolerebbero le esportazioni europee. Quelle svizzere saranno meno colpite, poiché hanno un alto valore aggiunto: in altre parole, hanno una competizione internazionale relativamente limitata. Inoltre, il dollaro si è già molto rafforzato rispetto al franco negli ultimi mesi e ancor più dall'elezione di Trump, e questo rende più facile esportare dalla Svizzera verso gli Stati Uniti. Trump, poi, vuole ridurre le tasse, il che aumenterebbe il potere d'acquisto degli americani. È possibile che la Svizzera possa addirittura trarre vantaggio da questi cambiamenti".
D’altronde nell’ultima amministrazione Trump sembrava esserci una certa simpatia per la Svizzera.
"Vero, e probabilmente ci sarà ancora, a patto che la Svizzera non venga percepita come completamente allineata all’UE, con la quale deve però comunque mantenere ottimi rapporti, in quanto primo partner commerciale".
Un bel rebus... L’economia svizzera dipende infatti molto dalla produzione manifatturiera UE, per esempio dal settore automobilistico tedesco.
"Un settore che però è già in forte crisi adesso. Il programma UE è stato di forzare in direzione dell'elettrificazione, finendo per mettere in difficoltà l'industria tedesca, che è in ritardo su queste tecnologie. Ora Trump potrebbe rallentare il trend verso l’elettrico. Il problema però è che a questo punto l’industria europea ha già investito moltissimi capitali in questa transizione tecnologica, ed è improbabile che possa fare marcia indietro. Le prospettive per l’industria automobilistica tedesca rimangono preoccupanti".
Crede che Trump sospenderà i programmi di stimolo alla produzione su suolo americano di batterie e tecnologie green lanciati nel quadriennio Biden?
"Era nelle sue intenzioni, però c’è da considerare l’elemento Elon Musk, il quale, colto il vento, ha fatto una grossa donazione a Trump e ora potrebbe addirittura entrare nel Governo. Per questo, Trump ha cambiato approccio: ora parla di libertà di scelta per i consumatori. Da una parte imporrà dazi su tutto ciò che è cinese, incluse batterie e automobili, e dall’altra favorirà il mercato nordamericano. Ciò crea ulteriori problemi per l’Europa, perché la Cina è il maggior produttore di auto elettriche al mondo e se non può esportare negli USA, premerà per venderle in Europa, complicando la situazione per Volkswagen, BMW e Mercedes".
In questa sorta di triangolo, l’Europa potrebbe essere costretta a schierarsi con gli Stati Uniti?
"Certamente. Se vogliamo proteggere le nostre industrie, dovremo prendere posizione. Però questo tipo di conflitti tende a frammentare l’Europa, con ogni Paese che cerca una propria strada: sarà difficile trovare una sintesi".
Anche perché in Europa ci sono Paesi, come la Germania, ma anche la Svizzera, che riescono ad esportare parecchio verso il Dragone. Non è così?
"La Svizzera continuerà a farlo. Intanto però, la strategia USA, che tra le altre cose -come detto- spinge le auto elettriche cinesi verso l’Europa, forza Paesi come Francia e Italia a battersi per alzare barriere commerciali, contrariamente a quanto vorrebbe il settore industriale della Germania, che teme ritorsioni".
Si dice che Trump potrebbe abbandonare il tavolo di dialogo euro-americano sul commercio Trade and Technology Council. Cosa farà l’Europa?
"L’Europa sta valutando cosa offrire agli USA per evitare lo scontro. Un tema importante per gli Stati Uniti è rappresentato dalle barriere agricole europee, che generano rendite significative per Paesi come la Francia. Il problema è appunto che ogni Paese UE ha interessi diversi, che cerca di tutelare. Grattacapi infiniti in vista per la presidente Von der Leyen, che dovrà cercare di formulare una posizione comune".
Poi c’è la Difesa. Il punto di vista americano è che loro spendono troppo per difendere l’Europa?
"Certo, poiché gli USA sono stati generosi con la Difesa, però si trovano a pagare gli interessi sull’enorme debito, che pesano per quasi un trilione l’anno sulla spesa federale, e una fetta ancor maggiore del bilancio la devono dedicare ai servizi interni (sanità, educazione, strade, assistenza sociale, eccetera - ndr.). E, come detto, Trump vorrebbe abbassare le tasse. La tentazione di indebitarsi ulteriormente resta forte, grazie alla Federal Reserve, che di fatto stampa denaro per finanziare il Tesoro. Un gioco facile, che svaluta il dollaro e impoverisce l’economia americana. Infatti, nonostante il reddito sia più alto che mai, la popolazione è sempre più preoccupata per il costo della vita. Anche dazi eccessivi in ingresso metterebbero in difficoltà gli americani, riducendo ulteriormente il potere d'acquisto dei consumatori".