liberatv
Bar Sport
23.05.14 - 15:550
Aggiornamento: 13.07.18 - 15:11

Lisbona, domani in scena la partita dei record e dei primati. L’elogio di un uomo tranquillo

Un derby in finale di Champions League, una città in festa, il trofeo più importante in palio, i record già battuti e quelli da agguantare. In mezzo al guado due allenatori e due squadre che, per ragioni diverse, vogliono tremendamente vincere

di Dario Lanfranconi
 
LISBONA – Domani sera nella capitale portoghese si giocherà l’ultimo atto della Champions League 2013/2014. Una partita che terrà incollati agli schermi centinaia di milioni, se non qualche miliardo, di tifosi e appassionati che si gusteranno lo spettacolo della sfida tutta iberica.
 
Sfida che porta con sé un carico non indifferente di primati e record: già infranti, da infrangere o che rimarranno intatti. All’angolo di uno dei due ring lui, Carletto da Reggiolo, l’uomo tranquillo e pacato che colleziona trofei ovunque va e domani sera può definitivamente consacrarsi nella storia, personale e madrilena.
 
Ma iniziamo dai record e dai primati: se già quattro volte, con domani cinque, si sono incontrate nell’ultimo atto due squadre della stessa nazione, si ricordano ad esempio i derby Milan-Juve nel 2003, quello Chelsea-Manchester United del 2008 o il Bayern Monaco-Borussia Dortmund dello scorso anno, mai era capitato nella storia della competizione calcistica più ambita d’Europa che a incrociare le lame fossero due squadre della stessa città, un vero e proprio derby, una stracittadina, chiamiamola come vogliamo, rimane il primato e un’intera città, Madrid, in festa (anche se verosimilmente qualcuno alla fine piangerà).
 
Nel frattempo neanche quest’anno verrà scalfito il primato del Milan, ultima squadra ad infilare la doppietta consecutiva nell’89 e nel ’90. Ci sperava tanto il Bayern Monaco campione uscente, ma il Real Madrid nel ritorno della semifinale ha infranto i sogni bavaresi rifilando loro 4 pappine che hanno gelato l’Allianz Arena, venditori di Currywurst compresi. 
 
C’è poi il portoghese Cristiano Ronaldo, il fenomeno calcistico più odiato e amato, manco fosse un capo di Stato, che arriva a giocare la finale nella sua terra avendo già frantumato il record di gol in una singola edizione e facendo raccogliere il pallone nel fondo del sacco ai portieri avversari ben 16 volte (record precedente di Messi e Altafini a 14), e con la possibilità di aumentare ulteriormente il bottino, facendo così un altro passo verso un altro importante record: il numero di gol assoluti messi a segno in Champions. Ronaldo è infatti a quota 67, appaiato a Messi, e a un tiro di schioppo c’è il primato di Raùl (ex Real Madrid, 71 reti), come a dire: “freccia inserita e Storia sto arrivando, un’altra volta”.
 
Già, il Real Madrid, una squadra, o La squadra, che forse più di ogni altra si ascrive nel firmamento dei più grandi club europei e mondiali: se il primato delle coppe vinte è già in bacheca, 9 i trofei collezionati davanti al Milan fermo a 7, con una vittoria domani sera la squadra della capitale spagnola andrebbe in doppia cifra, altro primato assoluto. Scenario che permetterebbe all’allenatore del Real di entrare nella leggenda: vincendo, oltre a soppiantare gli storici toreri nei cuori madrileni, conquisterebbe infatti la sua terza Champions (su quattro finali disputate, altro primato in coabitazione), eguagliando l’inglese Bob Paisley, unico allenatore finora a riuscire in questa impresa, anche se, a differenza di Ancelotti, sempre con la stessa squadra (Liverpool, ’77, ’78, ’81). Inoltre l’allenatore italiano, con 6 trofei totali, pareggerebbe Ferguson e Trapattoni nella classifica dei più vincenti di sempre nelle competizioni UEFA.
 
L’elogio di un uomo tranquillo. Ed è proprio su Carletto da Reggiolo che vorrei spendere due parole. Qualche tempo fa in un commento sulla Gazzetta, dopo la netta vittoria della semifinale, così leggevo: “Carlo, l’amico a cui affideresti tuo figlio per due settimane di vacanza al mare”. Ecco, mai descrizione avrebbe potuto calzare meglio per un uomo che, in mezzo alla frenesia di un calcio moderno fatto e dominato quasi solo da urla, polemiche, insulti e denari, si è sempre contraddistinto per l’educazione, la simpatia, l’umiltà e la calma. Insomma un po’ come un maestro zen in mezzo ad adolescenti in preda a tempeste ormonali. 
Le ironie sulle sue origini emiliane e sulla sua passione per il cibo, tanto che a inizio carriera spuntavano anche striscioni esclamanti “Un maiale non può allenare”, non lo hanno mai scalfito, ma anzi divertito. Ha sempre fatto buon viso a cattivo gioco, non cadendo, non cedendo e non aggrappandosi mai a inutili polemiche, anche quando è stato bistrattato, come nelle sue ultime stagioni al Milan. Nessuna polemica, il buon Carlo parte per l’Inghilterra e vince due campionati filati con il Chelsea (e una coppa), ma al più che esigente patron Abrahmovic non basta e anche lui lo mette alla porta; finita? Macché, si trasferisce a Parigi e con il Psg si porta a casa un campionato che mancava nella capitale da ben 19 anni, ma anche da qui se  ne va, o meglio viene conquistato dalle sirene madrilene e dalla sfida di vincere “La Decima”, tanto bramata e attesa in maniera ossessiva da tutti i tifosi del Real, dopo che fior fior di allenatori l’hanno ‘bucata’ a ripetizione, ultimo in elenco Josè Mourinho. 

Ecco, Carlo Ancelotti invece domani sera sarà lì a Lisbona a giocarsela al primo tentativo sulla panchina delle Merèngues. Senza dimenticare i numerosissimi successi raccolti da calciatore (Parma, Roma, Milan e nazionale italiana), un centrocampista d’altri tempi, tutto sudore e sacrificio, ma dai piedi buoni, che si è concesso il lusso di vincere altre due Coppe dei campioni, trofei a ripetizione e diversi campionati.
Tutto sempre senza urla o insulti, ma con umiltà, simpatia, serenità e l’iconico sopracciglio alzato. 

L'altra sponda calcistica di Madrid
 
Se forse si sarà capito a chi auguro di vincere il trofeo (non la squadra, l’uomo), è doveroso dedicare qualche parola anche all’altro fronte madrileno che scenderà in campo più agguerrito che mai, ad iniziare dal suo condottiero, quel Diego Pablo Simeone, detto “el Cholo”, che, all’esordio da allenatore in Champions League, dopo aver vinto sempre con l’Atletico l’Europa League lo scorso anno, e con una squadra sicuramente non data come favorita a inizio competizione, si regala una finale che nell’altra sponda di Madrid mancava da 40 anni, non proprio bruscoline, e la possibilità di vincerla per la prima volta nella storia del club.
 
Un club, quello dei “colchoneros”, che negli ultimi anni è cresciuto molto portandosi a casa due Europa League. Ma è quest’anno che la squadra ha compiuto il definitivo salto di qualità, vincendo anche la Liga spagnola davanti alle corazzate Barcellona e appunto Real, squadre dalle rose ben più milionarie e quotate. Campionato che mancava in bacheca da 18 anni, quando in campo per l’Atletico giocava, ma guarda un po’, un certo Diego Simeone.
 
Una squadra forse non dai grandi nomi, ma che con un’impostazione tattica sempre perfetta e una carica agonistica oltre ogni immaginabile limite colma qualsiasi gap tecnico (per informazioni chiedere nell’ordine a Milan, Barcellona e Chelsea). Caratteristiche che riprendono esattamente quelle umane e calcistiche del proprio comandante in capo, quel Simeone per il quale a Catania ancora si leccano le ferite dopo averlo allontanato incomprensibilmente dopo pochi mesi (e con ottimi risultati).
 
Non resta che sedersi e gustarsi lo spettacolo tutto madrileno in terra lusitana. Il guerriero sfida l’uomo tranquillo.

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
SPORT
Risultati e classifiche
TOP News
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved

Stai guardando la versione del sito mobile su un computer fisso.
Per una migliore esperienza ti consigliamo di passare alla versione ottimizzata per desktop.

Vai alla versione Desktop
rimani sulla versione mobile