MILANO - L'omicidio di Bellocco da parte del capo ultras dell'Inter Beretta ha scoperchiato un vaso di Pandora, di cui però in molti sapevano, sui legami tra curve e malavita. L'assassinio è avvenuto a bordo di una Smart con targhe ticinesi, che dalle nostre verifiche è risultata essere stata noleggiata (e mai restituita) in Ticino (leggi qui). Dalle ricostruzioni effettuate sino al momento, lo stesso Beretta portava con sè una pistola. Il primo a sparare, però, sarebbe stato Bellocco, poi l'altro ha tirato fuori un coltello e lo ha ammazzato.
A quanto pare, tra i due c'era già tensione nei giorni precedenti. I dissidi erano legati agli incassi delle vendite del negozio della curva Nord a Pioltello gestito da Beretta. Bellocco voleva una fetta maggiore, l'altro ha detto no. E a questo punto Bellocco, che era esponente della 'ndrangheta, avrebbe "decretato la fine" dell'altro, che quindi aveva iniziato a girare armato e a cambiare spesso luogo, per evitare di essere colpito. Sino alla tragica sera.
È stato Beretta stesso a raccontare i dettagli agli inquirenti nel primo interrogatorio.
Il quotidiano Repubblica, a seguito del delitto, ha descritto la situazione nella curva interista come una sorta di polveriera.
Beretta era contrario all'arrivo di Bellocco nell'organigramma della tifoseria organizzata nerazzurra, soprattutto in concomitanza di un periodo in cui il suo potere si era ridotto a causa di alcuni Daspo. Aveva continuato a gestire il negozio di merchandising a Pioltello, in costante crescita, di cui l'esponente della 'ndrangheta voleva sempre più ricavi.
Nella curva interista sono presenti non solo 'ndranghedisti (e ora che è morto Bellocco è pronto a subentrargli Marco Federico) bensì anche esponenti di gruppi eversivi e di estrema destra, che si alternano in una continua lotta di potere all'interno della tifoseria. Una situazione, quindi, pronta a esplodere, che lo ha fatto nel peggiore dei modi l'altra sera a Cernusco sul Naviglio.