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03.09.24 - 15:050

Questa sera a Matrioska: "Processo alla Giustizia"

Torna dopo la pausa estiva il dibattito su TeleTicino. Ecco i temi e gli ospiti della puntata in onda alle 19,30

All’inizio fu il caos… Non è l’incipit della Teogonia di Esiodo. Il caos di cui si parla ormai da mesi è quello che sta scuotendo Palazzo di Giustizia. In particolare il Tribunale penale. E con il trascorrere delle settimane quel caos, che in primavera pareva ancora gestibile, è andato fuori controllo. Completamente fuori controllo.

Per dirla con le parole dell’avvocato e deputato Tuto Rossi, “una querelle da pianerottolo si è trasformata in tragedia. E la dignità della Magistratura è stata oltraggiata”. 

Se ne parla questa sera alle 19,30 nella prima puntata della stagione autunnale di Matrioska. Ospiti di Marco Bazzi, l’avvocato Renzo Galfetti, i deputati Sabrina Gendotti, Matteo Quadranti e Tuto Rossi, l’ex presidente del Partito socialista Anna Biscossa e il giornalista Gianni Righinetti. Titolo: Processo alla giustizia.

Ma facciamo un passo indietro. A fine aprile il deputato Matteo Quadranti interroga il Governo e nel suo atto parlamentare parla di “preoccupazione alle stelle” per il clima in seno al Tribunale.

E per descrivere quel clima usa parole pesanti. Ricordiamole: “Situazioni di mobbing di lunga durata (tra segretarie, tra segretarie e giudici, tra segretarie e giudici e/o cancellieri e viceversa), se non molestie sessuali, quantomeno apprezzamenti inopportuni, commistioni, vendette, ricattini e raccomandazioni sul ‘chi deve stare dalla parte di chi’, protezionismi, faziosità e via dicendo”.

Giorno dopo giorno il quadro si fa più chiaro: una segretaria amministrativa si ritiene vittima di mobbing da parte di una collega. Due dei tre giudici penali, Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti, la sostengono e segnalano il caso alla Commissione amministrativa del Tribunale. La Commissione trasmette la segnalazione alla Sezione cantonale del personale. Anche la segretaria segnala il proprio caso all’autorità amministrativa. E sulla base delle segnalazioni, il Governo dà mandato all’ex procuratrice pubblica Maria Galliani di far luce sul caso. Il rapporto dovrebbe essere quasi pronto. Così si mormora a Palazzo.

Nel frattempo, i due giudici vengono segnalati al Consiglio della Magistratura dai loro tre colleghi. L’organismo di vigilanza conferma “che sono giunte due segnalazioni nei confronti di tre giudici del Tribunale penale cantonale. Una nei confronti dei giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti, presentata dai loro tre colleghi del tribunale (Mauro Ermani, Amos Pagnamenta e Marco Villa, ndr), e una nei confronti del Presidente giudice Mauro Ermani, presentata da terzi”. 

Poi, viene fuori che i “terzi” è la Sezione del personale. Insomma, una cosa seria… Poi arriva l’estate. Passano le settimane, e passa anche l’estate, finché…

La bufera sul giudice Ermani

A fine agosto la Regione pubblica la notizia di una denuncia penale dei giudici Quadri e Verda Chiocchetti contro i colleghi Ermani, Pagnamenta e Villa. Non solo: pubblica anche l’immagine di due finti peni giganti con al centro una donna seduta e la scritta ‘Ufficio penale’. Un ‘meme’ inviato l’anno scorso dal presidente del Tribunale Ermani alla segretaria che si ritiene vittima di mobbing.

E scoppia un’altra bufera. Il Governo nomina un procuratore straordinario per dirimere la querela penale. Il Partito socialista, alla cui area Ermani fa capo, invita il Consiglio della Magistratura a “fare rapidamente chiarezza sui presunti comportamenti inaccettabili” attribuiti al presidente del Tribunale, condannando “con fermezza qualsiasi atteggiamento sessista e di mobbing”.

Diversi politici chiedono le dimissioni o l’autosospensione di Ermani. Lo fa anche, Luciano Giudici, avvocato di lungo corso che fu procuratore straordinario nel caso del Ticinogate e fece arrestare l'allora presidente del Tribunale: “Lei non sembra neppure rendersi conto del danno provocato alla Giustizia e ai cittadini ticinesi, non assumendo l’unica conclusione che perentoriamente si impone, e cioè le dimissioni immediate”, scrive in una lettera aperta indirizzata al giudice Ermani.

Ma non succede nulla. E il Consiglio della magistratura scrive che non ritiene esistano i presupposti per la sospensione di alcun magistrato.

Marco Broggini legale dei giudici Quadri e Verda Chiocchetti annota che il presidente del Consiglio della magistratura, Damiano Stefani – è in possesso dell’immagine sconcia da quasi due mesi – e che i magistrati si possono sospendere anche senza procedimenti penali.

È polemica anche sulle ricette per la Giustizia

Intanto, è polemica anche sulle raccomandazioni e sulle proposte che la sottocommissione parlamentare ‘Giustizia’, coordinata da Sabrina Gendotti, ha elaborato in varie riunioni tenutesi nel corso dell’estate con l’obiettivo di farle approvare dal Parlamento nella sessione di metà settembre. Sette pagine che affrontano tutti i temi caldi sul tappeto, fornendo relative soluzioni: codice etico, autonomia finanziaria, gestionale e amministrativa della giustizia, nomine e onorario dei magistrati, Consiglio della magistratura e via dicendo.

Il ministro Norman Gobbi plaude all’iniziativa: “Ci fa piacere che molti degli aspetti da noi suggeriti dovrebbero confluire nel documento del quale avete dato notizia – dichiara al Corriere del Ticino - anche perché reputo che solo con la condivisione dei tre poteri dello Stato riforme simili possano trovare concretizzazione”.

Gli replica il giorno dopo Sabrina Gendotti: “Il lavoro svolto dalla Sottocommissione è scaturito proprio dall’immobilismo dimostrato dal Dipartimento e in particolare dalla Divisione della giustizia negli ultimi dieci anni”. Anche il PLR critica l’immobilismo del Dipartimento.

E arriviamo a domenica scorsa, con il duro attacco del Mattino a Gendotti e al partito di Alessandro Speziali: “Non si può tacere il fatto che il PLR concorre a creare appositamente quel cortocircuito che mischia la meschinità degli atteggiamenti di alcuni Giudici di primo livello con la necessità di riforme a favore della Giustizia. È un gioco al massacro contro la Giustizia stessa e che dimostra disonestà intellettuale, nonché la volontà di trovare nel consigliere di Stato Norman Gobbi sempre e comunque il capro espiatorio”.

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