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Politica e Potere
30.11.17 - 15:290
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:41

No Billag: fenomenologia dei "No, ma". Ovvero di quelli che dicono di bocciare l'iniziativa, però cannoneggiano contro la RSI. E sono guardati di traverso sia a Comano che in via Monte Boglia. Che crocetta metteranno?

A Comano la temono l’imboscata. Del resto di comunicazione ne capiscono su quel colle luganese. Ma attenzione perché i “No, ma” non piacciono neppure più a valle. In quella viuzza di Molino Nuovo che porta il nome di un monte. Meretricio politico-mediatico, dunque di per sé incestuoso, è l’accusa che si leva fin dal mattino....

di Andrea Leoni


“No, ma”: enunciazione di voto che va per la maggiore in una certa cerchia politica e popolare quando si parla di abolizione del canone. Dove il “No” sta per il suggerimento di crocetta da mettere sulla scheda. E il “ma” racchiude un campionario di saponi per “pettinare” l’azienda al centro del discorso. 


 

Ecco, i “No, ma” hanno quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, quando ti parlano della RSI. Al bando le rime, dannazione! E per storpiare Paolo Conte poi: accidenti a me.

 

Per anni, infatti, alcuni fra costoro, hanno cannoneggiato sulla radiotelevisione pubblica e su chi la popola, dall’attico agli scantinati (comunque lussureggianti al metro quadro, le cantine). A torto e a ragione, ma chissenefrega del perché o del per come (che è assonanza e non rima, nota bene). È politica, bellezza, e noi non siamo qui a riferir di fatti, ora.

 

Ma i “No, ma”, che fino a qualche mese addietro non erano né “no” e né “ma”, forse dei minacciosi “vedremo” o soltanto dei “però”, agitavano come dei Kim lo spettro nucleare: l’Iniziativa. Ce l’abbiamo anche noi adesso la bomba atomica, e quel giorno prima o poi verrà, promettevano. Questa volta schiacceremo il bottone (non quello del “reset”, di “cassissiana” memoria, ma del “closing”). E buon 4 marzo a voi, tovarish di Comano. Anche se allora non si conosceva la data dell’appuntamento per la resa dei conti. Ma qualcuno - non una persona  - quell’augurio di sventura l’ha fatto anche dopo, a calendario conosciuto. E per lettera indirizzata in redazione….

 

Ma gli ex "vediamo" o gli ex  “però”, oggi “no, ma”, come Kennedy e Kruscev, hanno fatto retromarcia. Niente lingua in bocca con il nemico, che non si fa, almeno in pubblico. Ma la guerra nucleare, ecco, quella “no”, evitiamola. Che tutti e due dobbiamo sopravvivere. “Ma”…

 

Ma il sospetto rimane e la marcatura è strettissima. Cioè: e se quella dei dei “No, ma” fosse solo una maschera per celare un inconfessabile “sì”? Fosse vero si saprebbe troppo tardi, a schede ormai contate, soffocando qualunque tempo di reazione. Tutti morti…ma solo da una parte. Un trionfo delle beffe.

 

E se invece il “No, ma” fosse un astuto messaggio subliminale? Seducente come una pubblicità del “fa caldo” (Antonio) e perverso come il fotogramma fallico in un cartone della Disney. Nella mente degli elettori potrebbe restare solo il “ma”, e guagliò scurdammoce u “no”, essendo gli argomenti critici sovrapponibili come un trasparente a quelli del “sì”. E nel caos, si sa, vincono i Viet Cong, anche se non sono di sinistra.

 

A Comano lo sanno e la temono l’imboscata. Del resto di comunicazione ne capiscono su quel colle luganese. Ma attenzione perché i “No, ma” non piacciono neppure più a valle. In quella viuzza di Molino Nuovo che porta il nome di un monte. Meretricio politico-mediatico, dunque di per sé incestuoso, è l’accusa che si leva fin dal mattino. E che almeno si sian fatti ricompensare a dovere per averla data via così al nemico, consumando il tradimento più sfacciato verso i vecchi compagni di trincea.

 

Ma chi sono questi “No, ma”? Sono persone dal centro in là, inteso verso in fondo a destra, dove Gaber metteva il cesso. Ma non è vero: si piscia anche a sinistra, in fondo. Sono la tribù di maggioranza di questa landa, alla conta democratica. Che ama più l’economia dello Stato. Ma non per forza è anti-statalista. Non ad ogni costo, almeno. Il confine è il rompimento di palle della burocrazia e della specie che l’amministra: i fuchi, così detti nel corrente linguaggio tribale. Del pubblico servizio, tuttavia, i “No, ma” detestano oltre ogni freno inibitorio, il capote rosso. E alla vista, o all'ascolto, sbuffan come tori, pur essendo i matador della corrida ticinese.

 

Così come la grandeur li manda in bestia, anticamera della sicumera e del privilegio della casta, se vogliamo ragionar da gesuiti (anche se Falcone ribatteva laicamente che certe salette d’attesa portano solo al khomeinismo).

 

I “No, ma”, sono tendenzialmente dei conservatori, non amano la new age progressista e moralista che talvolta impera sulle frequenze, si dichiarano avversi al politicamente corretto e all’esibizione dei suoi cretinetti. L'avverbio, tuttavia, rivela l’origine dell’accusa.

 


Ma come fare a stanarli sulle loro reali intenzioni? La premessa può essere un metro di misura. Quanto più volte viene scandito, ribadito e sottolineato il “no”, prima di dar sfogo a torrenziali esondazioni di “ma”, tanto più bisognerebbe drizzare le antenne. Ma processare le intenzioni fa il sangue cattivo. E spinge verso il rischio di un abbaglio. Proprio come quel sole, che è un lampo giallo al parabrise....

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