di Andrea Leoni
COMANO - Tutto ricomincia dal cuore della produzione. E ha un senso. Nuovo studio, per un nuovo palinsesto e una nuova immagine d’antenna. Un anno dopo il suo ritorno alla RSI, Matteo Pelli ha varato il primo “cartellone” dove c’è la sua firma dall’inizio alla fine. Come il direttore artistico di un Festival questo è il “suo” programma, pronto ad essere sottoposto al giudizio del pubblico. E come tale la sente, la presenta e la coccola, questa sua creatura. Con l’entusiasmo e la passione del babbo e con l’attenzione al dettaglio e alle sfumature del vetraio di Murano.
"Pulito e ordinato”, sceglie come aggettivi per definire il nuovo menù dei programmi della RSI, mentre chiacchieriamo nel nuovo Studio Uno. I primi 12 mesi sono serviti a Matteo per prendere le misure all’azienda, impostare un metodo di lavoro, trasferire una mentalità, sperimentare, conoscere la sua nuova squadra. E poi scegliere, perché questo vuol dire pulire e ordinare un nuovo palinsesto. Fare una sintesi del meglio, che si sviluppi con coerenza giorno per giorno, settimana per settimana, mese per mese. “Pulito e ordinato - riprende Matteo - però con la possibilità, di tanto in tanto, di concederci l’esperimento di una sgrammaticatura, di un graffito, di una sorpresa. Altrimenti, alla lunga, tutto si appiattisce”.
E poi serve un terreno per piantare questo seme, in modo che attecchisca, si sviluppi, si amplifichi. E questo terreno è il nuovo Studio Uno. Imponente, moderno, tecnologico: una grande scatola con quattro pareti di video wall. Una via di mezzo tra un astronave e un luna park, per i tanti professionisti che fanno la tv: conduttori, cameraman, grafici, registi…. Avranno di che divertirsi e sbizzarrirsi. “Penso che questo studio non abbia nulla da invidiare a quelli delle altre grandi tv europee. Abbiamo fatto la scelta dei wall proprio per avere delle scene che possano continuamente rinnovarsi negli anni, fornendo opzioni quasi infinite a tutti i nostri creativi”.
Alzare l’asticella è la volontà che traspare in sottofondo in ogni considerazione di Matteo: “Sì, ma senza montarsi la testa”, mi risponde quando glielo faccio notare. “Alzare l’asticella per me vuol dire cercare di fare una televisione più bella. In questo senso si tratta di un’ambizione sana che dobbiamo perseguire. Ma sempre mantenendo i piedi per terra e lavorando sodo. Per noi devono parlare i risultati non i proclami”.
E qui salta fuori un discorso interessante ma scivoloso. Cerchiamo di spiegarlo bene. “Qualche tempo fa una persona su Twitter mi ha scritto: “Matteo, ricordati che non sei più a TeleTicino”. Aveva ragione a farmi quella critica e ci ho messo qualche mese a metabolizzarla e a cambiare approccio. Come non si può fare la RSI a TeleTicino, non si deve neanche fare TeleTicino alla RSI. Il pubblico si aspetta giustamente cose diverse quando si sintonizza su una o sull’altra emittente. La nostra azienda ci permette di poter attingere a risorse e professionalità in grado di poterci misurare con altre tv nazionali. Ed è giusto sfruttare questa possibilità per offrire ai telespettatori un servizio che non sia da meno, e che di tanto in tanto faccia dire al pubblico “wow!”, come quando gli capita di guardare un programma di prima fascia alla tv francese, inglese o italiana. Del resto nella storia della RSI questo è sempre accaduto”.
Non è questione di glamour fine a se stesso o di presunzione, sottolinea Pelli. "Ma di fare un bel prodotto, che possa rendere i ticinesi ancora più orgogliosi della loro radiotelevisione e che, come clienti, faccia percepire il rapporto qualità/prezzo del canone come sempre più corretto, se non addirittura conveniente”. A proposito di canone, si stanno raccogliendo le firme per ridurlo a 200 franchi: “Questo studio, questo palinsesto, i nostri programmi vecchi e nuovi, il lavoro quotidiano di tutte le persone dell’azienda, è la prima e più importante risposta a questa iniziativa. Perché il frutto del nostro lavoro, quello che va in onda tutti i giorni, sarà il primo elemento di giudizio per gli elettori quando si andrà a votare”.
TeleTicino e Radio3i sono un capitolo chiuso e sempre più lontano. Si sente. Un anno fa il “noi” di Pelli comprendeva tutto, un abbraccio da Melide a Comano. Oggi, benché i rapporti restino ottimi, il distacco è avvenuto ed è normale che sia così: “Però devo dire che in questo primo anno l’esperienza a TeleTicino e Radio3i mi è tornata utilissima. In particolare l’arte di doversi arrangiare, di trovare una soluzione in tutte le situazioni, soprattutto le più critiche. Poi, al di là del distacco professionale, resta grande l’affetto e la riconoscenza per tutta la famiglia di Melide”.
Non stiamo a snocciolare il palinsesto, che si fa lunga e che nel dettaglio l’avete già visto ieri sera a “Che c’è in Tivù?”, con l’esordio dello Studio Uno. Non chiedo a Matteo delle chicche, che per un direttore dei programmi ogni trasmissione è “nu piezz ‘e core”. Però gli chiedo quali sono le scommesse, quelle da cui attende con maggiore curiosità un riscontro dal pubblico. “Sicuramente la “Storia infinita” di Jonas Marti che da ottobre, per quattro lunedì in prima serata su La1, racconterà con reportage e ospiti in studio la nostra storia regionale. È una grossa produzione a cui tengo molto. E quando ho visto il pilota non volevo smettere di guardarlo. Sono abbastanza sicuro che sarà così anche per il pubblico”.
“Un altro azzardo, anche se di segno completamente oppost, saranno i quattro sabati del “Villaggio di Rete 3”, che andrà in onda sempre su La1. È scontato poi che il ritorno di “Attenti a quei due” rappresenti per me qualcosa di speciale e di romantico. Ho visto destreggiarsi bene Luca Mora durante le prove: funzionerà. Infine, il programma di Damiano Realini, “Lo specchio”, che prenderà il posto del “Gioco del Mondo”. Un’intervista settimanale che manterrà degli elementi giocosi ed intimistici, ma con un accento più marcato sulla cronaca. Diciamo una via di mezzo tra “Controluce” e la vecchia trasmissione condotta da Damiano. L’esordio sarà con il presidente della Confederazione Ignazio Cassis”.
Matteo, lo sanno tutti quelli che ci lavorano insieme, ha una felice ossessione per i dati d’ascolto. Non posso non chiedergli cosa si attende, a livello di numeri, dal nuovo palinsesto: “Rispondere in maniera dettagliata sarebbe troppo lungo, perché dovremmo analizzare fascia per fascia. Mi aspetto una crescita, con qualche “botto” sulle prime serate speciali. Ma più di tutto spero che la gente parli di quello che mandiamo in onda al bar, in ufficio, a casa, sui social e così via. Se questo accadrà gli ascolti cresceranno di conseguenza”.
Veniamo allo sport: dallo Studio Uno ci trasferiamo sul set che ospiterà le trasmissioni sportive. Look rifatto a nuovo anche in questo caso. I colori e l’arredamento ricordano le scene di Sky Sport. Quest’anno, per la prima volta, i diritti del campionato di hockey sono passati da RSI a TeleTicino. “La premessa è che faccio i complimenti e i migliori auguri a TeleTicino per questa importante sfida. Dopodiché noi non volevamo arrenderci e alzare le mani davanti a questa situazione. E quindi abbiamo deciso di marcare comunque presenza di fronte a questa situazione, innanzitutto proponendo le sintesi delle partite delle ticinesi, e poi con una nuova trasmissione, un talk sportivo settimanale dedicato all’hockey”.
Naturalmente un grande impegno per il comparto sportivo della RSI sarà segnato dai Mondiali di calcio in Qatar, ma certo la questione dei diritti delle grandi manifestazioni sportive internazionali, resterà un tema centrale anche per il futuro. “Quello che è sicuro è che noi come management, sotto la guida di Mario Timbal, vogliamo combattere per tenere quello che abbiamo e magari per cercare di riprenderci qualcosa. Non sarà semplice. Lo vediamo a livello internazionale, dove il sempre più elevato costo dei diritti, ha visto entrare in scena colossi come Amazon per la Champions League. Ma credo che in Svizzera ci sia la possibilità di mantenere una realtà speciale rispetto al resto d’Europa. Certo servono delle alleanze tra i vari attori. Ma, ripeto, noi come RSI siamo determinati a combattere su questo punto”.
Ultime chiacchiere prima di congedarsi. Un po’ private e un po’ no. Ho incontrato Matteo venerdì pomeriggio, un paio di giorni prima del suo “Che c’è in tv”. Di solito è sempre molto più “pizzo” alla viglia di un suo show, anche perché va in onda un paio di volte all’anno. “È vero, sono molto rilassato. È perché sono convinto che siamo pronti e che abbiamo lavorato bene. Sai, io come direttore dei programmi metto la firma sul palinsesto, ma la costruzione delle singole trasmissioni non è mica solo farina del mio sacco. Insieme alla direzione abbiamo dato delle linee guida, dicendo quello che ci sarebbe piaciuto vedere, ma poi ogni programma è stato pensato e strutturato dai vari gruppi di lavoro, cioè da moltissime persone che lavorano alla RSI e di cui ho grande stima professionale. Il mio compito è stato quello di metterli nelle condizioni migliori per lavorare, dando qualche consiglio qua e là e accompagnandoli in questo percorso creativo. Un po’ come un allenatore. Ecco, tutto questo lavoro di squadra mi rende estremamente tranquillo e orgoglioso del progetto complessivo che abbiamo costruito. Siamo pronti e motivatissimi a fare bene”.