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Secondo Me
03.05.16 - 08:480
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:41

Nicola Pini e il Ticino 4.0: "Torniamo alla terra, all'artigianato ai sapori. Regolamentiamo il telelavoro. Sì alle professioni tecniche ma anche alla cultura umanistica"

SECONDO ME - "La storia è maestra e ci insegna: la tecnologia non rimpiazza l’uomo, ne cambia il ruolo, nella società come nel lavoro"

di Nicola Pini *

Finite le rendite di posizione in ambito finanziario e turistico, il Ticino deve puntare con coraggio verso nuovi lavori e nuove forme di lavoro, senza perdersi in sterili battaglie di retroguardia. In questo senso vi sono a mio avviso due vie, apparentemente contrapposte ma in realtà complementari: da un lato un ritorno alla terra, all’artigianato, al recupero dei saperi e dei sapori anche tradizionali, alla valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti; dall’altro un abbraccio – determinato ma non incondizionato – del progresso tecnologico, il quale offre parecchie opportunità (e invero anche qualche insidia).

Pensiamo a internet veloce su tutto il territorio cantonale, che permetterà alle regioni periferiche di puntare – oltre che su turismo e prodotti del territorio – anche sull’insediamento di nuove attività economiche o di nuovi abitanti. Pensiamo anche all’Industria 4.0: dopo la meccanizzazione a cavallo tra Settecento e Ottocento, l’elettrificazione di fine Ottocento e l’informatizzazione e l’automazione del Novecento, la quarta rivoluzione industriale si appresterà a sconvolgere nuovamente l’organizzazione del lavoro, attraverso la digitalizzazione e la messa in rete delle macchine, con la creazione di fabbriche “intelligenti” composte da apparecchiature interconnesse.

Il processo è già in atto – qualche esempio esiste già in Ticino – e inarrestabile, inutile opporvisi, sarebbe come voler fermare il vento con le mani. Meglio sarebbe anticiparne rischi e opportunità. Probabilmente si perderanno posti di lavoro manuali, in parte (quanto?) compensati dalla creazione di professioni nella progettazione, nella manutenzione e nella gestione tecnica dei nuovi sistemi. Altre professionalità andranno invece sviluppate, immaginate, inventate. La storia è maestra e ci insegna: la tecnologia non rimpiazza l’uomo, ne cambia il ruolo, nella società come nel lavoro.

Quindi pensiamoci e prepariamoci: valorizziamo le potenzialità del nostro territorio grazie agli strumenti e ai fondi della politica economica regionale (40 milioni) votati lo scorso dicembre dal Gran Consiglio; rivitalizziamo gli edifici dismessi per insediarvi nuove attività economiche, dalle start up alle attività artigianali o culturali (sempre più con la cultura si mangia e si vive); investiamo per ritagliarci un posto nel mondo nel filone della protezione dei dati (big data), nuovo e più etico segreto bancario; miglioriamo la cultura dell’accoglienza e l’offerta turistica; regolamentiamo il telelavoro; puntiamo sulle formazioni tecniche senza però dimenticare le scienze umane che dovranno dare gli strumenti – anche critici – per la gestione del rapporto tra uomo e tecnologia; sviluppiamo la formazione continua, perché in un mondo in rapida evoluzione il posto fisso non esiste più. E soprattutto crediamoci, in noi stessi e nel futuro.  

* deputato e vicepresidente PLR

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