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Analisi
23.03.17 - 11:510

Il riflesso che produce il binomio RSI-establishment: è questo il "problemuccio" fondamentale che la radiotelevisione pubblica deve risolvere

L'ANALISI - Da un lato il vento politico soffia forte e in maniera ostile in faccia ad entità come la RSI. Dall'altro sovvertire un pregiudizio, un riflesso, fondato o meno che sia, è il peggiore dei compiti nell'esercizio della comunicazione e della politica. Possiamo sbagliarci, ma la nostra sensazione è che non ci sarà studio del BAK che tenga, fintanto che la RSI non avrà preso per le corna la questione

di Andrea Leoni

A mettere in crisi più di altro la RSI nella complicata - complicata assai... - battaglia politica che la vede protagonista, è un riflesso. Quell'associazione automatica, quasi istintiva, che fa scattare nella mente di molti ticinesi il binomio tra la radiotelevisione pubblica e la parolaccia più in voga del momento: establishment. 
 
Non stiamo qui a dire se questo meccanismo ha oggi un fondamento oppure no, perché è di nessuna rilevanza sul nocciolo della questione. Si può dire che certamente lo ha avuto, se pensiamo allo spudorato dominio che fino a ieri l'altro i partiti hanno esercitato sulla RSI. Bastava pascolare a un'assemblea della CORSI - quando la CORSI contava - per imbattersi nel gotha del potere cantonticinese: sono le brutte fotografie dell'album di famiglia.
 
Ma stiamo al punto che, come detto, non contano i motivi ma il risultato. Il campo di gioco è questo ed è su questo terreno che la RSI deve misurarsi. Bisogna badare al sodo. Non è semplice, anzi, diciamolo con franchezza: le circostanze sono le peggiori possibili. Anche perché il vertice chiamato a governare il presente e il futuro prossimo appare indebolito, fuori e dentro l'azienda, e la possibilità di incidere è comunque molto limitata: quasi indipendente dalla buona volontà. 
 
Da un lato, infatti, il vento politico soffia forte e in maniera ostile in faccia ad entità come la RSI. Qui come altrove in Occidente. Dall'altro sovvertire un pregiudizio, un riflesso, fondato o meno che sia, che da anni modella e leviga il pensiero di chi è critico, disattento, o semplicemente ha meno soldi nel portafoglio e ha lo sguardo colmo di precarietà quando volge al futuro, è il peggiore dei compiti nell'esercizio della comunicazione e della politica. Ancora: l'enorme mutamento e ingrossamento del panorama mediatico, della sua fruizione, e del rapporto fra media e consumatore, sta ridisegnando le fondamenta che hanno retto per decenni l'idea stessa di un servizio pubblico e del suo finanziamento attraverso un canone pagato da tutti. C'è infine pure un incrocio di vendette e di interessi politici ed economici - legittimi ma troppo spesso furbescamente celati - tra chi comandava e ora non comanda più, tra chi vuol comandare (e chi ancora comanda), tra chi ha un'idea di società diversa. Tra questi alcuni ambiscono e lavorano alla realizzazione di questo progetto affinché si affermi anche sul proprio conto in banca.
 
Detto delle oggettive difficoltà, a noi pare che la RSI non abbia ancora messo a fuoco con la necessaria consapevolezza questo "problemuccio" del riflesso. Ammesso e non concesso che lo riconosca e che lo condivida. Pare infatti ancora troppo spesso muoversi e comunicare - non parliamo qui del prodotto ma della politica aziendale - con passo novecentesco. Un'andatura consumata, goffa, incomprensibile alle giovani generazioni e irrimediabile per le vecchie. E questo lo si nota bene ad esempio quando la radiotelevisione pubblica gioca di sponda o si fa difendere - talvolta suo malgrado - da chi dovrebbe starle, se davvero le vuol bene, a chilometri e chilometri di distanza. 
 
Possiamo sbagliarci, ma la nostra sensazione è che non ci sarà studio del BAK che tenga, fintanto che la RSI non avrà preso per le corna la questione.  
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