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Analisi
15.12.16 - 17:540

È in corso il congresso della Lega. Dopo l'elezione di Trump lo scatto dell'ala barricadera che vuole stabilire nuovi rapporti di forza all'interno del Movimento. E non facciamo le verginelle: sul preventivo il PPD ha fatto benissimo a rifiutare il ruolo

ANALISI - Ora che il fronte è aperto bisognerà capire se la Lega, oltre che a contarsi, sarà capace di trovare una sintesi interna. Il passaggio non è scontato perché queste battaglie fanno il sangue acido. E quando il sangue si fa acido...

di Andrea Leoni


Probabilmente è stata l'elezione di Donald Trump a suggerire a Boris Bignasca che era il momento di passare dall'opposizione a parole all'opposizione con i fatti. 

 
D'altra parte il deputato, leader dell'ala barricadera della Lega, nei suoi discorsi fa continui richiami alle parole d'ordine del presidente eletto: ceto medio, tasse e immigrazione. Parole d'ordine che sono il Verbo del leghismo delle origini, che il Mattino ha continuato a scandire a ritornello anche nel presente, ma che nella politica di Governo della Lega, in senso lato, si sono almeno in parte sbiadite anno dopo anno, rendendo sempre più evidente la contraddizione tra dire e fare. 

 
Quello a cui stiamo assistendo in queste ultime settimane non è altro che il congresso della Lega. Le due anime si sfidano e si contano per costruire nuovi rapporti di forza. A cominciare dalla Commissione della Gestione dove pare evidente che gli attuali rappresentanti leghisti non rispecchino le sensibilità di parte del gruppo parlamentare. E durante la votazione sul preventivo lo si è visto bene, al di là dei singoli voti.  
 
 
Il referendum sulla tassa sul sacco è stato un incidente cercato dai barricaderi - oggi minoranza nelle istituzioni ma non nella cassaforte… - per impostare una strategia più ampia. Strategia peraltro annunciata da Boris Bignasca ai quattro venti: "Questo referendum è solo l'inizio di una battaglia a favore del ceto medio". Non era un mistero per nessuno e oggi non può essere una sorpresa.

 
È evidente anche ai più sprovveduti che la raccolta firme contro il fetido balzello, rappresenta una battaglia sbagliata per condurre una guerra politicamente giusta, almeno per chi si riconosce nell'ala barricadera. Un'opposizione alla tassa di collegamento sarebbe stato un primo passo molto più logico e comprensibile. Come lo è stato quello di ieri sul preventivo, con un altro cercatissimo incidente, che ha permesso di mettere definitivamente le carte in tavola.
 
 
Parentesi: il PPD ha fatto benissimo a sfruttare la situazione. D'altra parte non si capisce perché gli azzurri avrebbero dovuto continuare a recitare la parte degli utili idioti, sopperendo gratuitamente ai "casini" altrui. E nessuno faccia la verginella: in anni di dibattiti in Gran Consiglio abbiamo visto utilizzare questa stessa tattica decine e decine di volte. Da tutti quanti. Chiusa parentesi.
 
 
Tornando alla Lega occorre sgombrare il campo dalle ingenuità. Questo genere di confronti non si conducono e non si vincono soltanto con le buone intenzioni e con la nobiltà della politica. C'è tanta tattica su questa scacchiera che comprende anche singoli interessi personali. Ca nisciuno è fesso.  Ma detto questo non si può non riconoscere che su quella stessa scacchiera ci sono anche delle questioni politiche molto precise. 

 
Bignasca le ha elencate più volte. All'osso: sgravi fiscali per persone e aziende; un taglio netto ai sussidi per gli stranieri; risparmi consistenti all'interno dell'Amministrazione pubblica. Sono temi veri e concreti che indubitabilmente fanno parte del programma della Lega. Programma sulla base del quale i suoi rappresentanti sono stati eletti nei diversi gremi istituzionali. Il giovane deputato chiede che la sua maggioranza, in Governo e in Parlamento, li realizzi. O almeno ci provi con determinazione. Perché il punto è molto semplice: allo stato dell'arte, qual è la differenza tra un Governo a guida leghista e i precedenti? Rispondendo a queste domanda a qualcuno potrebbe infatti sorgere il dubbio che per governare come si è sempre fatto convenga rispolverare gli originali.

 
Al di là dei contenuti - a nostro avviso solo in parte condivisibili, ma poco conta - Bignasca nel suo intervento di rottura in Gran Consiglio, ha comunque proposto una visione per il futuro del Cantone. E per visione intendiamo riforme strutturali che scavalchino l'attuale ordinaria amministrazione, basata sostanzialmente su un approccio contabile e attendista. Soltanto i socialisti hanno fatto meritoriamente altrettanto, benché in direzione opposta.  
 
 
L'ala istituzionale, dal canto suo, propone un approccio pragmatico basato sull'antico adagio che governare non è come stare all'opposizione: c'è da farsi carico anche delle responsabilità scomode. Tradotto: fare scelte impopolari e per nulla erotiche, politicamente parlando. E non va sottaciuto che questo modus operandi, da partito storico, ha comunque prodotto dei risultati notevoli e trovato dei consensi rilevanti nelle urne. Le votazioni di Michele Foletti a Lugano - sia per il Gran Consiglio che per il Municipio - sono state emblematiche in questo senso. 

 
Ora che il fronte è aperto bisognerà capire se la Lega, oltre che a contarsi, sarà capace di trovare una sintesi interna. Vale a dire la capacità di prendere il meglio delle due proposte, traducendole in una linea politica comune. Il passaggio non è scontato perché queste battaglie fanno il sangue acido. E quando il sangue si fa acido diventa molto più difficile per gli attori di un conflitto capire quando è il momento di spingere e quando è il momento di tirare il freno a mano.  
 
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