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Analisi
24.02.16 - 13:360
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:41

Raddoppio del Gottardo, tra scenari "da Godzilla", timori infondati, rischi reali e pie illusioni. Gli effetti sul traffico, i costi, le garanzie, le alternative... E i motivi per dire di sì

L'ANALISI - Un’occasione per dimostrare che siamo un popolo che ha il coraggio di credere nel futuro, senza paura. E che sa distinguere la ragione dall’emotività

di Marco Bazzi

Una cosa che mi sono sempre chiesto entrando in quel tunnel è: ma chi ha avuto la sciagurata idea di costruire una galleria autostradale lunga 17 chilometri ad una sola “canna”?

Certo, la risposta è ovvia: la Berna Federale. Ma è il motivo che conta, ed è più banale di quel che si pensi: il vil denaro. Non certo l’intenzione di proteggere le Alpi. Negli anni Settanta, quando il tunnel autostradale del San Gottardo fu progettato, non c’era trippa per i gatti: il boom economico elvetico era ancora agli albori.

Così, il progetto fu realizzato al risparmio. Con la solita promessa di Berna, mai mantenuta, come tante altre: tra qualche anno lo completeremo. Poi gli anni son passati e tutto è rimasto com’era: un’opera incompiuta.

Questa è stata, e rimane, una delle grandi debolezze della nostra politica: rinviare, temporeggiare, non decidere, traccheggiare, barcamenandosi in attesa degli eventi. Fino a restarne schiacciati o superati. Fino a trovarsi con le spalle al muro. A questo immobilismo contribuisce indubbiamente la democrazia diretta, che ha i suoi pregi e i suoi difetti, i suoi vantaggi e i suoi rischi, perché nessun sistema è perfetto.

Oggi abbiamo però, a mio parere, un’occasione per dimostrare che siamo un popolo maturo, che ha il coraggio di credere nel futuro, senza paura. E che sa distinguere la ragione dall’emotività.

Un popolo che si fida non tanto dei suoi governanti quanto delle leggi che sono state promulgate, e di quanto sta scritto nella Costituzione. Queste non sono vaghe promesse, ma regole scritte, che per essere eventualmente cambiate richiederanno nuove votazioni popolari.

Il 28 febbraio voterò dunque un “sì” senza riserve al raddoppio del San Gottardo, con tutto il rispetto per coloro che la pensano diversamente e per le loro tesi, sulle quali ho comunque riflettuto.

Parlo di raddoppio non solo per semplicità, ma per chiamare le cose come stanno. Parlare di “completamento”, come è stato fatto negli ultimi anni, e poi di “risanamento”, come fa il testo in votazione, mi sembra un eufemismo dettato dal timore di intimorire l’elettorato pronunciando l’orribile “verbo”: raddoppio. Ma questo è un discorso di semantica.

Nella campagna che ha preceduto il voto ormai prossimo ne abbiamo sentite di tutti i colori. Anche tante balle che, però, raccontate da persone credibili, hanno assunto il valore di verità.

Abbiamo visto dipingere scenari apocalittici, da Godzilla, il mostro preistorico che rinasce dalle ceneri di una catastrofe nucleare. Scenari che mi hanno ricordato l’impenetrabile Area X di Jeff Vandermeer, quel luogo misterioso, formatosi all’improvviso sulle coste della California, dove chi entra muore di cancro, anche se nessuno sa perché…

Tanto terrorismo psicologico, spesso funereo, da una parte e dall’altra. Chi sostiene il raddoppio, però, avrebbe dovuto usare di più l’arma della razionalità, senza lasciarsi trascinare nella girandola dell’emotività con messaggi tipo “la nonnina piangente”.

Proviamo allora a fare un esercizio di logica.

RISANAMENTO OBBLIGATORIO

La premessa è che, comunque, il traforo andrà risanato. Non per far passare i camion europei di nuova generazione, e nemmeno per dare un po’ di lavoro allo studio dell’ingegner Giovanni Lombardi, papà del senatore Filippo (come qualcuno ha detto in campagna), ma perché dopo 40 anni ha problemi strutturali. E fra 40 anni sarà necessario un nuovo risanamento.

Per risanare il traforo bisognerà chiuderlo per almeno tre anni consecutivi. In alternativa si potrà diluire la chiusura su nove anni, riaprendo la galleria, per esempio, durante l’estate. Provate a immaginare nove anni di disagi. Effetti sull’economia? Sul turismo? Sulla nostra vita quotidiana? Facilmente immaginabili…

Si potrebbe rinviare il risanamento al 2035, anziché iniziarlo una decina di anni prima, mettendoci qualche toppa. Ma siamo nel 2016 e al 2035 mancano “solo” 19 anni, che passeranno in fretta. Vogliamo ancora prenderci il tempo per pensarci su? Pensiamo di averne? Gli anni passano, veloci come i giorni. E noi continuiamo a pensare, valutare, riflettere...

TEMPI STRETTI

Se il 28 febbraio il popolo approverà il raddoppio, il cantiere inizierà non prima del 2020 e, per ben che vada, la seconda galleria non sarà pronta prima del 2027. A quel punto, tra il 2028 e il 2030 potrebbe essere risanato l’attuale traforo, convogliando il traffico nella nuova canna. Questa è la tabella di marcia ideale, ma non mancheranno ricorsi e opposizioni, quindi…

L’ALTERNATIVA AL RADDOPPIO

L’alternativa è chiudere il traforo per tre anni consecutivi, o diluire la chiusura su nove, costruendo due stazioni di trasbordo dei camion dalla strada alla ferrovia. Ma dove? Nessun comune, né a nord né a sud, vuole quegli ecomostri sul proprio territorio, con tutto il caos che ne conseguirebbe. Sembra un po’ la storia dell’inceneritore: “Fatelo, fatelo, basta che non sia a casa nostra!”.

I COSTI

Una stima ottimistica indica che la costruzione delle stazioni di trasbordo e la relativa gestione del traffico costerebbero circa un miliardo di franchi (buttati al vento), al quale va aggiutno il costo del risanamento, contro i 2 miliardi e 800 milioni della seconda canna (somma che comprende anche i lavori di risanamento).

A chi pensa che non possiamo permetterci di spendere quei soldi, ricordo che abbiamo speso una trentina di miliardi per Alptransit, vale a dire per risparmiare un’oretta di treno tra Zurigo e Lugano. Senza voler sminuire l’importanza dell’opera del secolo.

COSA CAMBIERÀ COL RADDOPPIO

Al posto di una galleria ce ne saranno due parallele. Ma entrambe avranno una sola corsia, con incontrovertibili vantaggi sul piano della sicurezza: niente più incroci frontali in quel traforo lungo 17 chilometri. E per scelta non ripeto qui le cifre su morti e feriti.

Tutto sarà dunque esattamente come oggi, con l’unica differenza che le auto dirette a nord viaggeranno in una “canna” e quelle dirette a sud nell’altra, ma sempre su una sola corsia. Si raddoppierà la galleria senza incidere sull’aumento del traffico che, se aumenterà, aumenterà per altri motivi, e che, se aumenterà, aumenterà comunque, anche se il Gottardo rimarrà com’è. Il resto sono pie illusioni…

… ECCO PERCHÈ

Oggi nel traforo passano mediamente 18'000 veicoli al giorno, ma la capacità dell’attuale tunnel è di 48'000. Ecco perché se il traffico aumenterà in futuro, aumenterà anche senza raddoppio.

Il sistema di dosaggio per i TIR consente già oggi, di far passare 5'000 camion. Attualmente nel Gottardo transitano giornalmente “solo” 3'000 veicoli pesanti. Ecco perché se il traffico pesante aumenterà in futuro, aumenterà anche senza raddoppio. Va anche ricordato che il 75% del traffico nel Gottardo è “local”, svizzero insomma, funzionale alla nostra economia e non a quella europea.

Questi dati indicano che c’è un ampio margine di riserva e che il raddoppio o il non raddoppio del traforo non cambieranno nulla sul fronte dei potenziali volumi di transito.

Certo, gli studi dicono che costruendo nuove strade si induce un incremento del traffico, ma qui stiamo parlando di costruire una seconda canna in un traforo alpino senza aumentarne la capacità, non di fare un’autostrada a tre corsie tra Chiasso e Basilea, che sarebbe una follia.

Non dico che il raddoppio sia a rischio zero dal profilo dell’aumento del traffico, ma dico che senza raddoppio i rischi per il futuro del Ticino sono altissimi. 

IL TRAFFICO NEL MENDRISIOTTO

Faccio fatica a vedere una relazione tra il raddoppio del traforo e un rilevante aumento del traffico nel Mendrisiotto, e nel Sottoceneri in generale.
Sappiamo perfettamente, senza il bisogno di scomodare le statistiche, che se il traffico è esploso, minacciando la salute pubblica e compromettendo la qualità di vita, è a causa della libera circolazione delle persone e delle merci, e della globalizzazione economica.

Il problema va risolto in altri modi e anche in fretta, prima che si estenda in modo ingestibile anche al Sopraceneri, dove i segnali sono da tempo allarmanti.

Per questo è triste vedere oggi sulle barricate, contro il raddoppio, personaggi e politici che hanno spianato la strada e speculato (non dico in malafede) su quello che non fatico a definire il disastro ambientale di un’intera regione. Ma in questi anni, non ho sentito levarsi le loro voci per dire “basta, fermiamoci!”. Vogliamo parlare del “comparto di San Martino” a Mendrisio?

LE GARANZIE LEGISLATIVE 

Le garanzie di protezione sono due e secondo me molto chiare:

La prima è l’articolo costituzionale sulla protezione delle Alpi, che recita: “La capacità delle strade di transito nella regione alpina non può essere aumentata, eccettuate le strade di circonvallazione che sgravano gli abitati dal traffico di transito”.

La seconda è la restrizione introdotta nella “Lex Gottardo” approvata dal Parlamento, che stabilisce che anche dopo il raddoppio della galleria, potrà essere utilizzata sempre e soltanto una corsia per senso di marcia. La medesima legge sancisce anche il sistema di dosaggio per i camion, introdotto nel 2001 dopo la tragedia. Una tragedia che forse oggi ci appare un po’ troppo lontana e sfumata dal tempo trascorso.

 

 

 

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