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Politica e Potere
23.12.15 - 16:350
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:41

Fiscalità dei frontalieri, la Lega: “Dal ’74 il Ticino paga per tutti il prezzo della Convenzione italosvizzera, è tempo di ripristinare l’equità”

Il movimento di via Monte Boglia prende posizione e invita il Governo “a decidere fin da subito il blocco dei ristorni dei frontalieri fino a quando non verrà raggiunto un accordo con l’Italia che tenga in considerazione anche gli interessi del Ticino"

LUGANO – L’accordo fiscale tra Svizzera e Italia? Solo fumo negli occhi. Il commento arriva dalla Lega dei Ticinesi che prende atto della notizia data ieri dal DFF “con grande perplessità”. Non si vede, si legge nella nota stampa riportata integralmente in quanto segue, “in cosa tale accordo si distinguerebbe dalle condizioni, insoddisfacenti, già note da parecchi mesi”.

Per quel che riguarda la “nuova” fiscalità dei frontalieri, i vantaggi per l’erario ticinese appaiono minimi se non addirittura inesistenti o negativi, soprattutto in considerazione del futuro incerto della decisione del Gran Consiglio di portare al 100% il moltiplicatore comunale per i frontalieri. In caso di decadenza di detta decisione, i Comuni resterebbero penalizzati.

 Il passaggio alla tassazione ordinaria dei frontalieri comporta inoltre pesanti oneri amministrativi per il Cantone.

Quanto all’aumento della pressione fiscale globale sui frontalieri al livello degli altri contribuenti italiani residenti in Italia, voluto dal Ticino in funzione antidumping, appare assai nebuloso, in particolare per quanto attiene alla tempistica. E’ infatti notorio, e ribadito anche dall’Italia, che da parte della Penisola non c’è interesse politico – per quanto l’interesse economico ci sarebbe eccome – a concretizzare detto aumento in tempi ragionevoli (chi aumenta le imposte ai frontalieri ne risente poi pesantemente a livello elettorale).

Il Ticino ha tutto il diritto di attendersi, dal nuovo accordo italo-svizzero, un aumento delle entrate fiscali nell’ordine di grandezza degli attuali ristorni dei frontalieri, vale a dire di una sessantina di milioni di Fr annui. E’ palese che, con l’accordo ora in discussione, siamo lontanissimo da tale legittimo obiettivo.

L’accordo non risolve inoltre la questione delle black list italiane illegali, che rimangono in vigore, nonostante le fumose promesse di questi giorni da parte del governo italiano. Irrisolta anche la questione dell’accesso degli operatori svizzeri al mercato finanziario della Penisola.

Contempla, per contro, un’inaccettabile clausola ghigliottina italiana in merito all’applicazione del voto del 9 febbraio da parte della Svizzera: essendo manifesto che l’Italia non ha, né può pretendere di avere, alcuna voce in capitolo, tale ingerenza va respinta immediatamente al mittente.

Quanto alle promesse italiane in merito di trasporto pubblico, trattasi delle consuete, fumose dichiarazioni d’intenti: ne sentiamo da anni e da anni non portano ad alcun risulta tangibile. Non c’è dunque alcun motivo per farvi fiducia ora.

Intanto è notizia di oggi che anche l’Italia, come ha fatto la Francia, potrebbe cheidere alle imprese ticinesi che assumono frontalieri di versare i contributi sociali alle casse di Roma applicando le aliquote italiane. Un ennesimo furto alle casse delle ditte ticinesi già martoriate dalla crisi e dalla concorrenza sleale dei padroncini italiani.

In conclusione, la Lega dei Ticinesi ritiene che l’accordo proposto vada respinto, ed invita il Consiglio di Stato a decidere fin da subito il  blocco dei ristorni dei frontalieri a tempo indeterminato, fino a quando non verrà raggiunto un accordo con l’Italia che tenga in considerazione anche gli interessi – legittimi - del nostro Cantone, ciò che attualmente è a dir poco dubbio.

Ricordiamoci che dal 1974 il Ticino paga per tutti il prezzo della famosa Convenzione italo-svizzera: è tempo di ripristinare una soluzione di equità. Un’accettazione a livello politico federale dell’accordo che si prospetta ora sarebbe peraltro l’ennesima dimostrazione che il mantra bernese dell’”attenzione nei confronti del Ticino” è l’equivalente delle dichiarazioni italiane sul trasporto pubblico: ossia un fumogeno.

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