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Il Federalista
08.05.24 - 23:550
Aggiornamento: 09.05.24 - 08:25

Gli scenari energetici alla prova del voto popolare

Accelerare l’incremento nella produzione di elettricità nel prossimo quindicennio, utilizzando soprattutto acqua, sole, vento e altre fonti rinnovabili. Ce lo possiamo permettere?

Redazione de Il Federalista

Elettricità, la battaglia sugli scenari

“Stiamo sottovalutando enormemente il nostro fabbisogno futuro di elettricità. Solare ed eolico non basteranno”. È ciò che afferma in sostanza un rapporto, anticipato dalla Sonntagszeitung e firmato dal direttore del Laboratorio di Materiali per le Energie Rinnovabili, Dipartimento congiunto dell'EPFL e dell'Empa, due istituzioni di punta nel paesaggio accademico del nostro Paese. L’anticipazione sta facendo notizia, poiché sembra mettere in discussione una delle fondamenta sulle quali si basa un intero progetto di legge. Un progetto sul quale voterà a giugno il popolo svizzero.

Verso il 9 giugno

Cerchiamo di capire meglio. La ormai celeberrima Strategia energetica 2050 annaspava. Prima la bocciatura delle misure contenute nella Legge CO2, affossata dal popolo nel 2021. Poi, con l’invasione dell’Ucraina, l’affacciarsi dello spettro di una subitanea povertà energetica, che ha richiesto interventi emergenziali da parte del Consiglio federale. In risposta a queste sfide Berna si è affrettata ad approvare un nuovo pacchetto di misure. Si chiama “Legge federale su un approvvigionamento sicuro con le energie rinnovabili”, nota anche come “Mantelerlass” (atto mantello) per l’ampiezza degli ambiti toccati. Su questa si voterà il 9 giugno.

Qual è il suo scopo? Accelerare l’incremento nella produzione di elettricità nel prossimo quindicennio, utilizzando soprattutto acqua, sole, vento e altre fonti rinnovabili. Questo, mentre innumerevoli settori dell’economia si elettrificano (almeno in parte) e di converso si vanno pian piano mettendo in pensione gli ultimi reattori nucleari che ancora oggi contribuiscono per il 35% della produzione nazionale (la quale oggi totalizza 59 TWh circa). Ecco perché, secondo gli auspici, da qui al 2035 dovranno essere prodotti almeno 35 TWh di elettricità a partire da sole, acqua, vento, biomassa e geotermia, ovvero sei volte tanto quanto si produce oggi da queste fonti (per poi salire a 45 TWh nel 2050!). L’idroelettrico dovrà crescere meno, da 37,2 a 37,9 TWh.

I problemi da risolvere riguardano soprattutto l’inverno

La legge vuole evitare che il debito di elettricità verso l’estero nei mesi tra ottobre e marzo superi gli attuali 5 TWh. Ecco perché si progetta di elevare, entro il 2040, la produzione di elettricità invernale indigena di almeno 6 TWh. Lo si vuole fare puntando per esempio su impianti fotovoltaici in altura (privati, ma che a certe condizioni saranno cofinanziati in maniera alquanto generosa, fino al 60%, dalla collettività), con l’eolico e l’innalzamento di una dozzina di dighe. Pur intendendo garantire la protezione di paesaggi e biotopi di pregio, i grandi progetti rinnovabili saranno considerati “di interesse nazionale”. Motivo per cui contro la legge (oltre all’UDC nazionale) si sono schierate le associazioni ambientaliste e “paesaggistiche”, la Fondazione Franz Weber e Freie Landschaft Schweiz, che temono limitazioni al diritto di ricorso.

Per raggiungere gli scopi previsti non si introdurrebbero nuove tasse, ma si prolungherebbe il prelievo di 2,3 centesimi in bolletta già raccolto oggi. Previste anche semplificazioni legislative, come quella a lungo attesa che permette la formazione di “comunità locali di energia elettrica” all’interno di uno stesso Comune, onde consentire lo scambio di l’elettricità solare autoprodotta in eccesso. Inoltre, entro il 2035, il consumo medio annuo pro capite di elettricità andrà ridotto del 13% rispetto al 2000. Sia continuando a promuovere l’efficienza del consumo, sia premiando il consumo “intelligente” tramite tariffe dinamiche (più elevate durante i picchi di consumo giornaliero, più basse al di fuori di questi).

Ma c'è qualcosa che non quadra: l’esplosione dei consumi è sottostimata

Ecco che la "Sonntagszeitung" di ieri insinua il tarlo del dubbio, riportando in anteprima le analisi compiute (assieme a tre collaboratori) dal prof. Andreas Züttel, attivo nella ricerca sulle fonti rinnovabili presso il Poli di Losanna e l’Empa: “Le loro conclusioni – scrive il domenicale del Tagi – : sebbene gli impianti solari e le turbine eoliche siano elementi importanti della transizione energetica, non sono affatto sufficienti per elettrificare il trasporto su strada e sostituire i sistemi di riscaldamento a olio con pompe di calore”. Züttel e i suoi colleghi ricercatori ipotizzano che la domanda annuale di elettricità in Svizzera aumenterà di circa l'80% entro il 2050, fino a 110 terawattora. Da qui al 2050, rispetto ad oggi, mancherebbe dunque il corrispondente di 6-8 grandi centrali nucleari.

I ricercatori sono convinti che il bisogno futuro di accumulo di elettricità sia sottostimato dalle autorità, troppo allineate agli scenari proposti dalla lobby del solare. Un problema sottovalutato: "L'olio da riscaldamento e la benzina possono essere immagazzinati quasi all'infinito", ha detto Züttel al domenicale. "I combustibili fossili sono quindi sempre disponibili esattamente quando ne abbiamo bisogno". Facendo affidamento sulle rinnovabili eoliche e solari sarà, invece, estremamente complesso offrire alla popolazione l’energia necessaria quando effettivamente gli serve. Per produrre l’energia di riserva mancante si potrà ricorrere a tecnologie diverse, da centrali a gas alimentate all’idrogeno precedentemente prodotto con gli eccessi del fotovoltaico, all’importazione di combustibili e carburanti liquidi sempre prodotti (ma questa volta all’estero, magari a costi inferiori) dalle stesse rinnovabili.

Secondo Züttel&Co, un’alternativa seria e a costi ragionevolmente bassi per fornire elettricità di banda (ovvero sempre a disposizione) sarà rappresentata in un futuro non troppo lontano (pre 2050) da centrali nucleari “pulite” al Torio (in luogo dell’Uranio). Questa previsione è basata sull’operatività di un simile impianto già oggi attivo in Cina, nonché su ricerche molto avanzate compiute negli anni ’70.

Una tesi esagerata? I problemi rimangono

La tesi dei ricercatori spiazza, perché precorre una esplosione dei consumi di diverse magnitudini più grandi di quelle previste finora. Gli scenari considerati fin qui (molti dei quali si possono consultare in un calcolatore interattivo messo a disposizione dall’impresa AXPO) prevedono spesso un incremento della domanda totale pari a un +30% circa da qui al 2050. Questi scenari infatti si fondano sull’idea che l’elettrificazione di ampi settori dell’economia si accompagnerà a una generale migliore efficienza nell'utilizzo dell’energia a nostra disposizione. A sostegno di ciò depone anche l’osservazione secondo cui da una ventina d’anni i consumi di elettricità a livello nazionale siano stagnanti nonostante un incremento demografico di 1,5 mio di abitanti. Segno che il consumo pro capite è effettivamente sceso, pur dopo l’installazione di centinaia di migliaia di pompe di calore e l’arrivo, di recente, di circa 150mila auto elettriche sulle nostre strade.

Ciò non toglie che i problemi sollevati da Züttel e colleghi potrebbero decidere il voto di giugno: dall’incertezza generata da un incremento della produzione con fonti intermittenti, ai timori per il costo reale dell’energia di riserva necessaria a reggere il sistema, fino al desiderio di tenere la porta aperta a futuri sviluppi dell’energia nucleare.

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