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Cronaca
25.08.15 - 11:250
Aggiornamento: 03.10.18 - 16:25

Brissago, il turismo della spesa, il declino... Un altro negozio se ne va. La storia di Gérard, che in ottobre chiude bottega, e la metafora dell'ossobuco

L'ANALISI - Le conseguenze sociali delle scelte individuali sono cose che a troppi di noi non riguardano. Ma un giorno ci accorgeremo che dentro l'osso non c'è più midollo nemmeno per noi...

di Marco Bazzi

La macelleria 6614 è uno dei pochi negozi rimasti a Brissago. Si chiama così: 6614, che è il codice di avviamento postale del paese. È una macelleria “storica”, che c’è da decenni, ed è sempre stata in quella piccola bottega sotto i portici. Negli ultimi anni ha avuto alterne fortune (o sfortune), finché l’ha ripresa un giovane intraprendente, con tanta voglia di lavorare. Si chiama Gérard Ghisletta.

Un negozio sempre tirato a lucido, con prodotti selezionati, alcuni di produzione propria, e a prezzi onesti. Ieri pioveva, non faceva caldo, e Gérard mi ha consigliato un ossobuco di vitello. Vada per quello, gli ho detto.

Abbiamo fatto due chiacchiere – come va e come non va – e alla fine mi ha detto: “A ottobre chiudo. Non posso più andare avanti a non dormire di notte”.
La Macelleria 6614 non rende abbastanza, nemmeno per uno come Gérard che lavora molto e gestisce il negozio da solo. Nemmeno con le ordinazioni dei ristoranti. Nemmeno l’estate, nemmeno i turisti, hanno cambiato la cattiva sorte. Così Gérard chiuderà e si cercherà un impiego, un salario sicuro. Arriverà un altro macellaio dopo di lui o quella bottega rimarrà vuota? Chissà.

Brissago è un mercato difficile: è fuori mano, e a due passi, oltre confine, c’è Cannobio, dove ogni giorno si riversano orde di turisti della spesa. Poi, il rafforzamento del franco ha complicato le cose per i piccoli negozi del paese. In questi anni sono anche cambiate le abitudini della gente, e si sono moltiplicati i centri commerciali – piccoli e grandi – in tutto il Locarnese.

Sicuramente la grande distribuzione soffoca e strangola il piccolo commercio, anche se ci sono esempi che dicono il contrario, pure nel settore della macelleria – pensiamo a quel che è riuscito a fare Andrea Stuppia e Giubiasco e Lamone -, ma i negozi di successo si trovano in punti strategici, dove c’è una “massa critica” di clientela. Nelle zone periferiche – e Brissago lo è -, soprattutto a due passi dall’Italia, oggi è molto più difficile lavorare.

Si può anche dire, allargando lo sguardo, che tutto il sistema Ticino sta cambiando e va verso una concentrazione delle attività imposta da chi ha palate di soldi da investire – anche nel campo dei media sta accadendo -, e per i piccoli, per gli artigiani, per gli indipendenti, la vita è sempre più difficile… E la maggioranza silenziosa accetta senza batter ciglio. Si chiama uniformizzazione, che è una declinazione della massificazione. Siamo sempre più numeri e sempre meno individui.

A Gérard piange il cuore a vedersi sfilare davanti alla vetrina file di auto dirette a Cannobio, ma dovrà gettare la spugna, perché fino a un certo punto si lotta, ma oltre non ha senso.

Poi però molti di quelli che vanno a far spesa oltre confine, ticinesi o turisti, si lamenteranno che a Brissago non c’è più nemmeno una macelleria, che i negozi chiudono, che il paese è sempre più deserto, che certi giorni sembra quasi una “ghost town”.

Perché tutti noi – chi più chi meno – vogliamo l’ossobuco ma anche il midollo dentro, e la carne tenera, e la ciccia attorno che rende buono il sugo. E che costi poco, per carità!

Ma non ci pensiamo mai alle conseguenze che la nostra “convenienza” e i nostri comportamenti quotidiani (vale anche per chi assume frontalieri speculando sui salari, o per chi va a cena oltre confine per motivi di risparmio) hanno sulle spalle degli altri, sulla loro vita, sulle loro famiglie... Le conseguenze sociali delle scelte individuali sono cose che a troppi di noi non riguardano. Forse ce ne accorgeremo e ci risveglieremo – ma sarà troppo tardi - quando scopriremo che dentro l’osso non c’è più midollo nemmeno per noi.

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