LISBONA – Che fosse una partita che prometteva scintille lo si poteva immaginare ed è stato scritto e detto di tutto di questa finale tutta madrilena. E lo spettacolo non ha deluso le attese, consacrando infine il Real Madrid che agguanta la tanto agognata, in maniera ormai ossessiva, decima Champions League, riscrivendo la storia del calcio e consacrando definitivamente l’allenatore emiliano Carlo Ancelotti.
La partita
I primi 90 minuti sono stati un bel giro di giostra: se sull’arco dei tempi regolamentari il Real si è comunque fatto preferire, in particolare nel secondo tempo dove le occasioni non sono certo mancate ai blancos, con un Atletico in netta difficoltà, è proprio la squadra di Simeone che un po’ a sorpresa, ma senza demeriti visto l’approccio e la disposizione tattica perfetta, è andata a segno al 36’ con un tocco di testa di Godin.
Un gol illusorio che ha spedito tra le stelle del firmamento calcistico europeo i colchoneros fino al minuto 93’ e, quando tifosi e giocatori ormai pregustavano il sapore della prima storica coppa, a 40 anni dall’ultima finale persa, ci ha pensato il “solito” Sergio Ramos, non certo un attaccante, ma già capace di infilare una doppietta al Bayern in semifinale, a distruggere gelidamente i sogni dell’Atletico con un’incornata su calcio d’angolo che vale l’1-1. Conti in pari e verdetto rimandato ai tempi supplementari.
Tempi supplementari caratterizzati da grande stanchezza, vista l’intensità fisica e nervosa dilapidata nei 90 minuti, ma che il Real, forte dell’entusiasmo del gol miracolo all’ultimo minuto, ha giocato decisamente meglio e all’attacco. Risultato: gol liberatorio di Bale al 110', il gallese da 100 milioni (che forse ora tutti a Madrid sono contenti di aver speso), e partita chiusa. Ma non per il Real che, forte del crollo mentale e fisico dei colchoneros, si regala anche il 3-1 con Marcelo al 117’ e addirittura il rigore per il definitivo 4-1 messo a segno dall’immancabile Cristiano Ronaldo a tempo scaduto.
Un passivo decisamente troppo pesante per un Atletico encomiabile che è stato più che in partita per 110 minuti, andando anzi vicinissimo ad alzare la coppa dalle grandi orecchie, e a cui va concesso l’onore delle armi e del coraggio. Una splendida realtà che insegna che non servono solo e soltanto i denari per arrivare in alto, un Davide che ha fatto tremare Golia senza però metterlo al tappeto (come d’altra parte è riuscito a fare con grande merito nella Liga spagnola).
Merégues e Carletto nella storia
Per il Real invece la strada porta dritta dritta nella storia: decima coppa messa in bacheca, quella che a Madrid, sponda Real, era diventata ormai un’ossessione, e record assoluto di gol per Cristiano Ronaldo in una singola edizione con le inarrivabili 17 reti messe a segno.
Storia che riserva ora un posto più che speciale anche per Carlo Ancelotti, unico allenatore a vincere tre Champions con due squadre diverse (e secondo in assoluto, insieme all’inglese Paisley con il Liverpool a vincerne tre). Un merito e una grandezza riconosciuti da tutti, ad iniziare dalle parole del suo centrocampista Xabi Alonso, costretto in tribuna per un giallo in semifinale: “Nella coppa c’è molto di Ancelotti, è un allenatore importantissimo, se lo merita perché è una gran persona.”
La consacrazione dell’uomo tranquillo dal sopracciglio alzato.
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