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25.04.24 - 11:420

Dopo il Niño, la Niña: sarà raffreddamento globale?

Ma di cosa si parla, più precisamente? In sintesi, del fatto che temperature oceaniche più calde o più fredde della media in una parte del mondo possono influenzare il tempo meteorologico in tutto il mondo

di Beniamino Sani - il Federalista.ch

Sono fenomeni che avvengono a migliaia di chilometri di distanza, alla “fine del mondo” secondo una celebre espressione, eppure influenzano il clima su tutta la terra. Si chiamano El Niño e La Niña (lett. Il Bambino e La Bambina). Quest’anno sono entrati nel nostro vocabolario, con qualche apparizione sulle prime pagine dei giornali Si tratta, dice la scienza, di anomalie oceaniche cicliche che riguardano i mari dell'Oceano Pacifico al largo dell’America meridionale.

Secondo i meteorologi abbiamo appena sperimentato un Niño tra i più violenti del recente passato e ora gli esperti, a partire dall’autorità oceanografica e atmosferica americana (la National Oceanic and Atmospheric Administration, NOAA), ci avvertono che si sta aprendo la stagione, opposta, della Niña.

Un “Bambino” capriccioso e talvolta violento

Ma di cosa si parla, più precisamente? In sintesi, del fatto che temperature oceaniche più calde o più fredde della media in una parte del mondo possono influenzare il tempo meteorologico in tutto il mondo. Nel caso del “Bambino” e della “Bambina” questi fenomeni avvengono come detto nell’Oceano pacifico. Come ci spiega la citata NOAA, “in condizioni normali nell'Oceano Pacifico gli alisei soffiano verso ovest lungo l'equatore, portando l'acqua calda dal Sud America verso l'Asia (…) El Niño e La Niña sono due modelli climatici opposti che interrompono queste condizioni normali”.

All’origine di queste anomalie cicliche, che si presentano circa ogni 3-7 anni, vi è un altro ciclo, ancora oggetto di studio, che riguarda la variabilità nella forza del meccanismo oceanico dell’Upwelling (o, semplicemente, “risalita” in italiano): un meccanismo importantissimo per la vita nel Pianeta, che si verifica lungo tratti di costa oceanica. Là dove mare e terra si incontrano succede infatti che i venti spostino le acque calde, che si trovano naturalmente in superficie, provocando in tal modo la risalita dal basso di acque fredde, e con esse di tutta una vita marina ricca e fertile di nutrimento per le specie ittiche.

Succede però che in alcune annate il meccanismo si indebolisca. I primi a notarlo furono i pescatori peruviani del Seicento che, osservando nel dicembre di alcuni anni una scarsità nel pescato, iniziarono a chiamare quei periodi in onore del protagonista del mese conclusivo dell’anno, il bambino di Natale (El Niño de Navidad). Se le acque di superficie nel pacifico sono più calde del solito, si innestano una serie di meccanismi di riflesso, con conseguenze su tutto il mondo. A partire dalle Americhe.

Sempre la NOAA: “El Niño può influenzare in modo significativo il nostro [del Nordamerica] clima. Le acque più calde fanno sì che la corrente a getto del Pacifico si sposti a sud della sua posizione neutrale. Con questo spostamento, le aree del nord degli Stati Uniti e del Canada sono più asciutte e più calde del solito. Ma nella Costa del Golfo e nel Sud-Est degli Stati Uniti, questi periodi sono più umidi del solito e vedono un aumento delle inondazioni”.

Gli effetti sul mondo del Niño

Si produce, inoltre, un indebolimento degli Alisei equatoriali, i venti che normalmente soffiano da est a ovest (sia da meridione che da settentrione), verso la linea equatoriale.

Come scrive MeteoSvizzera: “Per diversi mesi gli alisei da sud-est soffiano solo debolmente o, in alcune fasi, cessano completamente. L’impulso per il trasporto di acqua equatoriale verso l'Indonesia viene in gran parte a mancare”. “La massa d'aria calda e molto umida che si solleva ora al largo delle coste sudamericane – scrive sempre MeteoSvizzera – scatena forti piogge, soprattutto nelle zone costiere dell'Ecuador, del Perù e del Cile settentrionale, spesso con conseguenze devastanti a seguito delle inondazioni. L'acqua calda del mare è letale per molti animali marini e le loro carcasse giacciono ovunque sulle spiagge. Nel Sudest asiatico, invece, si forma una pronunciata zona di alta pressione e la regione soffre di una prolungata siccità. Un intenso episodio del El Niño può distruggere gran parte del raccolto in questa regione e lasciare il bestiame gravemente decimato”. Secondo i meteorologici effetti di un Niño particolarmente intenso, come quello vissuto nell’ultimo anno e mezzo, possono toccare anche l’Europa, sottoforma di nevicate invernali particolarmente intense, alternate però a ondate di calore altrettanto violente.

È il turno della “Bambina” e, forse, del freddo Ora la situazione nei mari sudamericani sarebbe in procinto di rovesciarsi, innestando il fenomeno opposto al Niño, ovvero la Niña (chiamato talvolta anche l’Anti Niño o El Viejo), che innesta una risalita particolarmente marcata di acque fredde nell’Oceano Pacifico equatoriale orientale. Le condizioni provocate dalla “Bambina” dovrebbero essere opposte a quelle osservate in seguito al gemello maschile. Il mondo dovrebbe osservare, a partire dalla prossima estate, temperature medie ben inferiori quelle globalmente registrate nel 2023, con un +1,5°C rispetto all’era preindustriale. Le regioni fredde del Nord America, in particolare, sembrano destinate a sperimentare un inverno particolarmente gelido; ma il contraltare potrebbe essere una stagione degli uragani particolarmente violenta nell’Atlantico (eventi tenuti sotto controllo invece dal Niño).

Resta aperta una domanda, quella che si stanno ponendo i climatologi: quale parte dell’aumento delle temperature del 2023 e del 2024 è dovuta a El Niño – che è un fenomeno naturale – e quale invece alle attività umane (o ad altre eventuali cause)? Se la riduzione portata da La Niña fosse minore del previsto, avremmo dunque una conferma che il Pianeta è entrato in una nuova fase di riscaldamento. O, con le parole del Washington Post: “Un altro test arriverà nei prossimi mesi, quando il Pianeta passerà da El Niño al suo schema opposto, La Niña, (…) entro l’estate. Poiché La Niña è tipicamente associata a temperature globali più fredde, gli scienziati si aspettano che porrà fine alla serie di temperature record della Terra”. Per tornare, insomma, grazie alla benedetta “Bambina”, a estati “normali”. Ma quanto durerà il suo benefico influsso? Si prevede che La Niña abbia una durata fra i 9 e i 12 mesi. E poi? Le scommesse sono aperte.

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