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Il Federalista
24.04.24 - 18:400

La tragedia della guerra civile in Sudan: "Di noi non importa a nessuno"

A un anno dall’inizio del conflitto, nel Paese africano va in scena la più grande crisi di sfollamento del Pianeta, con oltre un quinto della popolazione (8 milioni su 47) costretta a lasciare le proprie case

di Claudio Mesoniat - articolo pubblicato su Il Federalista.ch

Nel giugno del 2023, dopo due mesi di guerra, il Federalista notava “il silenzio del mondo” sulla guerra civile in Sudan e sulla catastrofe umanitaria che già incombeva sopra uno dei popoli più martoriati del mondo. Ora, a un anno giusto dall’inizio del conflitto, nel Paese va in scena la più grande crisi di sfollamento del Pianeta, con oltre un quinto della popolazione (8 milioni su 47) costretta a lasciare le proprie case e a cercare rifugio nei fatiscenti campi profughi del vicino Ciad e del Sud Sudan. Il numero delle vittime civili dei bombardamenti, specie nella zona del Darfur, ammonta a decine di migliaia, ma la guerra ancora infuria.

Eppure -lamenta sconsolato un anziano rifugiato sudanese intervistato da CNN- "Di noi non importa a nessuno". Secondo il PAM (Programma Alimentare Mondiale) quella che è iniziata come una spudorata lotta di potere nel terzo Paese più grande dell'Africa potrebbe diventare la più grande crisi alimentare del mondo.

Più grave di quella crudelmente in atto a Gaza? Sì, non c’è dubbio: sono 16 milioni i sudanesi che soffrono di “grave insufficienza alimentare”, tre sono i milioni di bambini denutriti. A ciò si aggiunga che entrambe le fazioni in lotta, l’esercito sudanese (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF), si sono macchiate di gravi crimini contro i civili: stupri, assassinii e abusi, mentre le forniture di aiuti umanitari vengono utilizzate dalle milizie per i propri fini.

Dall'incubo islamista alle lotte di potere

Si ricorderà l’atroce conflitto etnico-tribale che devastò il Darfur, la regione occidentale del Paese, tra il 2003 e il 2010, seminando morte -200mila vittime secondo l’ONU- e provocando l’esodo di 2 milioni di persone; l'allora Presidente del Sudan, Omar al-Bashir, fu condannato per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità dalla Corte Penale Internazionale.

Ma spesso si dimentica che in precedenza, e per oltre 20 anni, i Governi islamisti di Khartum bombardarono il sud cristiano e animista del Paese (prima della separazione e della nascita del Sud Sudan, nel 2011), reo di non accettare l’imposizione della sharia, con un folle bilancio di due milioni di morti. La nuova guerra, come detto, vede oggi opposte, per ragioni di puro potere, le Forze armate sudanesi, guidate dal tenente generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze paramilitari di supporto rapido (RSF), guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo (noto come Hemetti). I due rivali si fronteggiano da un anno in un conflitto a fasi alterne, che ha preso avvio nella capitale Khartum per estendersi in altre regioni della Nazione africana, in particolare in quelle occidentali del Darfur che, in prospettiva, potrebbero staccarsi da Khartum analogamente a quanto accadde nel 2011 con la creazione del Sud Sudan. Buona parte dei bombardamenti dell’esercito regolare sudanese si concentrano infatti sulle zone occidentali del Paese conquistate dagli uomini di Hamdan Dagalo.

La Russia e gli altri sponsor della guerra

Un recente intervento su Arab News dell’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell, può aiutare a mettere a fuoco il quadro di quella che l'”Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari” ha definito senza mezzi termini “la crisi peggiore, più complessa e crudele del mondo”, crisi –aggiunge Borrell- “che si sta svolgendo in Sudan senza essere menzionata nei notiziari in prima serata”. In realtà, continua il capo della diplomazia UE (noto per le sue dichiarazioni poco… diplomatiche), non mancano i padrini dei due cinici duellanti: “Gli sponsor esterni portando denaro e armi, alimentano i combattimenti. Attori come l’Iran stanno consegnando armi, compresi i droni, alle SAF. Gli Emirati Arabi Uniti hanno anche una leva diretta sulla RSF che dovrebbero utilizzare per porre fine alla guerra”.

E la Russia, la cui presenza tramite le milizie Wagner è ben nota anche in questo sfortunato angolo d’Africa? “La Russia gioca su entrambi i fronti, sperando nell’accesso a infrastrutture e risorse strategiche, anche tramite compagnie militari private mercenarie, che cercano principalmente oro e minerali”. E l’Europa? Mantenendo una posizione rigorosamente neutrale tra i due Signori della guerra, l’Europa, spiega Borrell, si schiera con il popolo sudanese, “sceso nelle strade di Khartum cinque anni fa” (il riferimento è alla caduta del precedente Governo militare) per affermare le sue aspirazioni democratiche.

La conclusione dell’Alto Rappresentante fa riferimento, da una parte, alla Conferenza internazionale per la raccolta fondi in vista degli aiuti umanitari tenutasi il 15 aprile a Parigi (con l’obbiettivo di raccogliere 2,1 miliardi di dollari), e dall’altra alla ripresa dei negoziati in vista di una soluzione pacifica del conflitto propiziati dall’Arabia Saudita e in agenda nei prossimi giorni a Gedda.

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