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21.08.20 - 09:000

"Tornando indietro, starei all'estero di più. Mi sono sentita a casa pur essendo lontana"

L'esperienza di una studentessa di Cure infermieristiche alla SUPSI, per tre mesi a Trieste: "Non c'è stato un solo giorno in cui ho avuto la malinconia. Se siete timidi un'esperienza cosìaiuta tanto"

di Giada Baldassari*

 La voglia di partire e di fare un tirocinio all’estero è nata dal bisogno di fare qualcosa di significativo sia a livello personale, sia a livello professionale.

Ho quindi colto l’opportunità offerta dal mio percorso di studi e sono partita per uno stage di tre mesi a Trieste, presso un centro di salute mentale, (quindi nell’ambito della psichiatria, un mondo che da sempre mi affascina). Con me è partita anche mia sorella, stesso tirocinio ma in un diverso centro di salute mentale.

Per svolgere questa mobilità, una volta scelto il luogo, ho dovuto semplicemente compilare un formulario in cui annunciavo la destinazione e, da lì in poi, ho potuto contare sull’appoggio organizzativo dell’International Office della SUPSI che si è messo direttamente in contatto con la struttura in cui ho lavorato per l’invio di tutta la documentazione amministrativa necessaria.

Sebbene Trieste non sia molto lontano da casa mia (circa 600 km), la differenza culturale si percepisce bene. Non ho avuto problemi con la lingua, dato che si parla italiano, mentre con la mentalità e alcune usanze locali ho avuto inizialmente qualche difficoltà. La città mi è piaciuta da subito, non è piccola ma nemmeno tanto grande; una cosa che mi manca molto è poter vedere il mare dalla finestra tutti i giorni.

Sul posto di lavoro sono stati tutti, indipendentemente dal ruolo lavorativo, molto disponibili e cordiali. Non solo mi hanno insegnato competenze inerenti al lavoro, ma mi hanno raccontato storie sulla città, sulle loro vite, sulle loro feste e usanze. Mi hanno consigliato i posti più belli da visitare e non c’è stato un singolo giorno in cui io abbia sentito la malinconia del Ticino e della routine a cui ero abituata. Porterò sempre con me i ricordi di tutte le persone che ho conosciuto e che mi hanno insegnato qualcosa. Ho imparato tanto a livello professionale, umano e personale, è sicuramente un’esperienza che rifarei altre cento volte.

Ciò che ho apprezzato maggiormente è stata la fiducia ricevuta fin da subito dai colleghi, che mi hanno permesso di fare molte cose tra cui la distribuzione dei farmaci presso la struttura e al domicilio dei pazienti, colloqui con psichiatri, visite mediche a domicilio, incontri con i diversi gruppi e l’organizzazione delle attività. Consiglio quest’esperienza a tutti, specialmente a chi è timido perché è un’occasione per aprirsi con persone sconosciute e imparare a non avere paura del giudizio degli altri.

Tre mesi possono sembrare tanti ma in realtà passano molto veloce, quanto senti di far parte del mondo è già ora di tornare a casa e quindi alla realtà di prima. Se potessi tornare indietro l’unica cosa che cambierei è la durata, avrei voluto durasse di più. Mi sono sentita a casa pur essendo lontana. Ho conosciuto persone stupende di diverse nazionalità con cui ancora oggi mi tengo in contatto.

Se siete in dubbio se partire in mobilità o meno, per quanto mi riguarda, vi consiglio di partire, non ve ne pentirete!

*studentessa del corso di laurea in Cure Infermieristiche presso il Dipartimento economia aziendale sanità e sociale (DEASS)

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