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Quarto Potere
14.12.17 - 09:500
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:41

No Billag: un disservizio pubblico. Il dibattito che c'è nel Paese ma che viene ignorato e silenziato dalle emittenti che beneficiano del canone (RSI e Teleticino). Una scelta incomprensibile e diversa rispetto al resto della Svizzera

Il dibattito sulla No Billag, da un paio di mesi, è molto acceso sui social, sui siti e, in parte, anche sui giornali. Sulle radio e sulle televisioni che invece beneficiano dell’oggetto del contendere, il canone, non esiste. O per meglio dire esiste soltanto come noioso e doveroso oggetto di cronaca

di Andrea Leoni


Il dibattito sulla No Billag, da un paio di mesi, è molto acceso sui social, sui siti e, in parte, anche sui giornali. Sulle radio e sulle televisioni che invece beneficiano dell’oggetto del contendere, il canone, non esiste. O per meglio dire esiste soltanto come noioso e doveroso oggetto di cronaca: si riferisce soltanto della formazione dei vari Comitati e delle varie prese di posizione istituzionali. Una scelta incomprensibile .

 

Da pagatore del balzello ritengo questo un disservizio pubblico. E sia ben chiaro: vale per la RSI ma anche per Teleticino. Nei vari contenitori deputati all’informazione, infatti, sia in televisione che in radio, non è stato sin qui organizzato neppure uno straccio di confronto. Fosse solo anche un faccia a faccia, così, per marcar presenza.

 

Ho chiesto i motivi di questa scelta ai responsabili e mi è stato risposto che da gennaio a marzo ci sarà tutto il tempo per dibattere, che la campagna si apre con la conferenza stampa del Consiglio Federale, che bisogna trattare questo oggetto come tutti gli altri….e altri argomenti istituzionali di questo tipo che saranno anche formalmente eleganti ma cozzano con il principio di realtà.  

 

Innanzitutto, sul punto, è vero che si voterà il 4 marzo ma le schede di voto saranno nelle nostre mani ad inizio febbraio e le vacanze natalizie terminano il 7 gennaio.…in seconda battuta, al di là delle tempistiche del Governo federale, le televisioni e le radio di oltre Gottardo hanno già aperto da tempo le varie arene del confronto. Anche perché si tratta di una campagna storica. Come, soprattutto per il Ticino, fu quella sul Gottardo. E allora tutte queste riserve istituzionali vennero giustamente accantonate in favore della discussione democratica sui nostri media. Questo silenzio radiotelevisivo ticinese sulla No Billag è invece pressoché un unicum in Svizzera.

 

È vero: questa è una campagna anomala. Non essendoci di mezzo una tornata di votazioni a novembre, questo fattore ha dilatato enormemente i tempi della No Billag. Talmente tanto che sono diventati due, come in una partita di calcio. E il primo terminerà con le vacanze di Natale. Però, proprio in ragione di questa contingenza, tutti (sia sul fronte del “no” che su quello del “sì”) si sono adeguati e sono partiti per tempo. Tutti tranne chi riceve i soldi per garantire un servizio pubblico attraverso l’informazione.

 

I temi, per fare uno o più confronti sul “primo tempo”, non sarebbero certo mancati, senza incappare nel rischio di svuotare di contenuti i confronti solenni già calendarizzati per la volata finale della campagna. Ci sono state rilevanti prese di posizione politiche, l’abbassamento del canone per il 2019, si è formata la corrente dei “No,ma”, è in corso da settimane una disputa durissima sul testo dell’iniziativa e sulle relative conseguenze (piano b). C’è il tema dei privilegi, la campagna giocata sui social, il ruolo della Lega, con il movimento schierato per il “sì” e i due ministri sul fronte del “no” con il resto del Governo (che ha già preso posizione, altro segnale sui tempi...). Insomma ,di carne al fuoco ce ne sarebbe stata parecchia per apparecchiare almeno un confronto per tracciare un bilancio sulla prima parte di questa campagna. E lo si sarebbe potuto fare con ospitate più pop, meno prevedibili, non dovendo tener conto dell’obbligo di invitare i rappresentanti designati dai gruppi ufficiali dei due schieramenti.

 

E invece nulla. Silenzio. Un silenzio che non è soltanto un disservizio ma pure, a mio avviso, un errore giornalistico e di relazione con il Paese. Da una parte perché quando i giornalisti ignorano una discussione, che è palese come un elefante in mezzo a una stanza, direbbero gli americani, sbagliano. Dall’altra perché se i media tradizionali - come lo sono ormai anche le radio e le televisioni - si fanno anticipare, superare, scalzare, da quanto accade online, e nei bar e nelle piazze, saranno considerati sempre più vecchi e trascurabili. Anche con queste scelte si logora il rapporto sentimentale tra il pubblico e i mezzi di informazione.

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