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Analisi
29.10.20 - 12:490
Aggiornamento: 30.10.20 - 09:51

Covid19: bisogna dire la verità alle persone

I dubbi sulle misure del Consiglio Federale. Le restrizioni di Francia e Germania. Lo spettro del lockdown e l'impreparazione alla seconda ondata

di Andrea Leoni

Il dato di fatto: esiste una pandemia scatenata da un nuovo virus e dobbiamo affrontarla. Il problema principale: proteggere gli ospedali da un sovraccarico. Perché? Per riuscire a curare tutti i pazienti, Covid e non, e permettere al personale sanitario di fare i medici e gli infermieri, anziché gli eroi che devono subire turni massacranti e dormire in albergo, privandosi degli affetti famigliari. Come? In gran parte dell’Europa e in Svizzera il modello scelto è quello delle chiusure un po’ alla volta, proporzionate all’evoluzione dei contagi. Conseguenze? Ricadute economiche più o meno gravi, limitazione della vita sociale e di alcune libertà individuali. Obbiettivo finale: limitare per quanto possibile i danni sulla società, in attesa della primavera, di un farmaco o di un vaccino. Ci sono altre opzioni? Certo, nel Mondo diverse nazioni hanno sviluppato approcci alternativi a quelli che stiamo adottando noi, ma nessuno di essi è indolore dal profilo economico, sanitario, sociale e delle libertà.

Giusto o sbagliato, condivisibile o meno, occorre partire da qui per affrontare qualsiasi ragionamento. Far finta che il Covid non esista, è solo fantascienza. Osservare, solo osservare, quanto sta avvenendo nel vecchio Continente è la miglior risposta ai pifferai del complotto internazionale, di Bill Gates e di altre cazzate. A meno che qualcuno non creda davvero che governi e parlamenti democraticamente eletti ricavino qualche beneficio dal bruciare miliardi ogni giorno e dal privare i cittadini di segmenti importanti di quotidianità. 

Altri fatti importanti che conosciamo. Per i malati più gravi di Covid, che fortunatamente sono una minoranza rispetto a chi s’infetta, non c’è al momento una cura efficace. Nessuno oggi può dire con certezza se questa seconda ondata pandemica sarà più o meno devastante della prima, ne quanto durerà. Chi azzarda pronostici rischia solo di alimentare quella confusione mediatica e scientifica che fiacca la fiducia collettiva.

L’importante è dire la verità alle persone: mettere sul tavolo tutte le variabili che comportano le scelte che facciamo. Il modello adottato dalla Svizzera e dalla gran parte dei Paesi europei - ribadiamo: non l'unico possibile - ha come conseguenza estrema, se le misure attualmente in vigore non basteranno per proteggere gli ospedali, il lockdown o qualcosa che gli assomiglia. Non c’è un solo politico o un solo specialista che può promettere in coscienza che ciò non avverrà. Dobbiamo fare di tutto e di più perché non si verifichi, ma non possiamo escluderlo. E alla bisogna dovremo farci trovare pronti, senza spaventare ne illudere nessuno.

La Francia, in tal senso, è l’esempio lampante. Il Governo francese, il primo in Europa a introdurre il coprifuoco e altre misure di contenimento parziali, si è arreso di fronte a un’epidemia sfuggita di mano e ha dovuto proclamare un secondo confinamento, benché non così stringente come quello di marzo. E il presidente Macron si è rivolto ieri sera alla Nazione spiegando punto per punto, perché non vi sono alternative alla “brusca frenata”.

Ancora più emblematico il caso della Germania. La Cancelliera Angela Merkel, nonostante il suo Paese sia messo assai meglio dei vicini, in particolare della Svizzera, ha preso misure che superano di gran lunga quelle adottate in Italia o nel nostro Paese: chiusura per un mese di tutti i bar, ristoranti, palestre, cinema, teatri, stadi. 

Perché se è vero che nessuno sa come andranno veramente le cose, è altrettanto vero che le decisioni vanno prese ora, con un'alta percentuale d’incertezza. E la complessità per i Governi sta sempre nel calibrare i provvedimenti tra prevenzione e reazione.

Le decisioni, oltre che utili, devono essere comprensibili in logica per la popolazione e accompagnate da messaggi chiari. E i provvedimenti assunti ieri dal Consiglio Federale alimentano tante domande, forse troppe. Che senso ha lasciare aperti i teatri se possono ospitare soltanto 50 spettatori? Che senso ha mettere il limite di 10 persone, per coloro che desiderano riunirsi per una cena in una casa privata, se lo scopo dichiarato è quello di ridurre all’osso i contatti sociali? Qual è l’utilità sanitaria di fissare alle 23.00 la chiusura dei ristoranti, quando i ristoratori, almeno d’inverno, hanno già chiuso la cucina a quell’ora? E per i bar? Potrebbe aver senso per il weekend, ma in settimana non vi è più via vai all’aperitivo che non nelle ore notturne? Domande lecite, che molti si pongono.

Il modello delle misure con il contagocce, viene letto da taluni come un approccio per preparare la popolazione, fetta dopo fetta, alle restrizioni. Per altri invece è logorante, proprio come una tortura cinese, e segnala di volta in volta il fallimento della strategia governativa. Ad ognuno la sua sensibilità.

Per mettere d’accordo le due parti occorrerebbe forse una strategia complessiva simile a quella che stanno adottando alcuni Paesi anglosassoni, con i famosi semafori ad indicare, attraverso criteri certi, il livello delle restrizioni.    

In Ticino oggi si è registrato il record di contagi e di decessi della seconda ondata: 380 positivi e cinque morti. Gli ospedalizzati sono 123. Solleva il numero dei pazienti nelle cure intensive. Fortunatamente, per ora, sono solo 7. Siamo ben lontani dalla saturazione. Non c’è quindi da andare nel panico ma neppure si può dormire sugli allori: occorre essere previdenti, perché il trend nazionale e internazionale ci dice che la crescita incontrollata del contagio porterà giocoforza a maggiori intubati. In Ticino, con gli ospedali in assetto di guerra come nella scorsa primavera, possiamo arrivare a un limite massimo di un centinaio di letti di cure intensive. Ma per curare tutti i pazienti, Covid e no. E qui, va chiarito, la difficoltà non è di avere più brande o macchinari, ma infermieri specializzati in grado di far funzionare la baracca.  

L’impreparazione, infine, è il tema che cova sotto la cenere dell’opinione pubblica. Cosa è stato fatto durante l’estate per prepararsi alla seconda ondata? Sembra che i governanti, come gran parte della popolazione, abbiano approcciato all’autunno come se il virus non esistesse più.  Il contact tracing - prima misura di difesa - pare ormai essere andato a pallino (fanno fatica a star dietro ai contagiati, figuriamoci ai bigliettini nei locali pubblici: altra misura sulla cui utilità si può dubitare). Le mascherine nei luoghi chiusi sono state introdotte a cinque minuti a mezzanotte. Nelle scuole dell’obbligo si continua senza particolari precauzioni. Niente di che anche sul fronte dei trasporti pubblici. Su questi aspetti puntuali è giusto interrogare la politica. 

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