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Analisi
08.01.20 - 16:490
Aggiornamento: 11.01.20 - 10:15

La rinuncia di Bertini e il ritorno di Fulvio Pelli come quello di Ibrahimovic al Milan

Riflessioni a margine della crisi nera del PLR di Lugano dopo la rinuncia del vicesindaco a ricandidarsi alle prossime elezioni comunali

di Andrea Leoni

Trasmette istintivamente qualcosa di sbagliato l’immagine che riassume il martedì nero del PLR di Lugano. Fuori  Michele Bertini, dentro Fulvio Pelli. Una sintesi brutale cristallizzata con acume in prima pagina dall’edizione odierna della Regione (vedi foto in apertura, ndr).

Basta un'occhiata per percepire l’effluvio dell’errore, l’avvisaglia di un pericolo serio, prima ancora di capire il perché. L’addio del “giovane” e il ritorno del “vecchio”: un’immagine che svuota la speranza e asciuga il futuro. La si percepisce come scorretta da un punto di vista biologico prima ancora che politico.

È una somma di due notizie che diventano una, involontariamente e senza precisione, in un cortocircuito comunicativo che s’innesta come un’ultima iattura sulla crisi dei liberali radicali luganesi.

Il ritorno di Fulvio Pelli sembra quello di Ibrahimovic al Milan: il fuoriclasse attempato che, dopo aver dominato ai vertici del calcio, torna in scena dopo una parentesi lontano dai campionati che contano. Ma il PLR, come il Milan, non è più lo squadrone di un tempo. E forse questo è l’unico motivo che giustifica il rientro sul rettangolo di gioco dell’Uomo del Monte: dare una mano a una squadra in crisi, portare esperienza e mentalità, far crescere i giovani.  Ma resta una situazione emergenziale, quasi malinconica: se il PLR fosse in salute, con un progetto chiaro, non avrebbe bisogno di richiamare il grande ex. 

Saremo romantici ma avremmo preferito ricordarci di Pelli quando dettava le strategia della politica nazionale. Oppure continuare ad osservarlo nel ruolo di pungolatore o di ascoltatissimo consigliere. Immaginarlo, invece, in Consiglio Comunale ci dà l’idea di un’aforista strappato al cinismo del suo orizzonte. Di un raffinato e tagliente cesellatore di adagi,  sottratto al tempo e al distacco della saggezza per essere speso nella facinorosa arena della cronaca locale.

Non è solo una questione di anagrafe, che sarebbe banale e perfino sciocco, ma di percorso.

Ma il PLR sembra trovarsi in una situazione ancora peggiore rispetto al Milan. Non solo è stato costretto a richiamare in servizio Ibrahimovic, ma si è pure lasciato sfuggire il suo Gigio Donnarumma, il suo talento più cristallino, Michele Bertini. Ed è un saldo che ridimensiona la squadra e le sue ambizioni. La lascia impoverita e spiazzata, togliendogli quelle poche certezze che aveva. E il caos lo si registra nella definizione dell’obbiettivo per le prossime elezioni comunali, tra un presidente che ambisce a tre seggi nell’Esecutivo e i candidati che lanciano l’allarme sul salvataggio del secondo seggio.

L’addio del vicesindaco, seppur vestito con parole garbate, è stato feroce. Uno strappo violento nelle tempistiche. Un pugno nello stomaco nelle motivazioni. Michele Bertini ritiene che il suo partito negli scorsi anni gli abbia fatto del male e lui ha restituito tutto il suo malessere colpendo nel punto più doloroso. Non dico l’abbia fatto apposta, ma questo è il risultato. Del resto le cose peggiori si dicono e si fanno in famiglia.

Servono comunque gli attributi, per chi ama la politica e si è costruito una carriera partendo dal niente, per lasciare una carica come quella a cui ha rinunciato Michele Bertini. Soprattutto nella prospettiva di una riconferma serena, probabilmente brillante, e con fondate aspirazioni per il sindacato, subito o tra quattro anni.

È complicato connettere in un ragionamento logico i tasselli del percorso politico di Bertini. Una vertiginosa ascesa e un altrettanto vorticoso abbandono. L’espressione di un talento fuori dal comune, qualche sbandata da ubriacatura di successo, tante mosse fatte con intelligenza, serietà e scaltrezza, e ora un punto triste, solitario y final.

Cosa ci sarà a capo? Un pagina vuota, forse, oppure una frase sgrammaticata, o ancora un grande ritorno, chissà, domani. Seguendo dal principio la carriera politica di Bertini mi sono sempre chiesto se, alla fine, fosse un Matteo Renzi - fuoriclasse politico bruciato dal carattere - o qualcosa di meglio, fatte le debite proporzioni. Da come riprenderà a scrivere il libro “dell’impegno pubblico”, che ha assicurato proseguirà, avremo finalmente la risposta.

Per il momento le risposte urgenti sono tutte in capo al PLR.  Serve un miracolo. Trasformare l’errore in un effetto collaterale, in una scoperta. Come la penicillina o la Tarte Tatin. O la fortuna di andare a sbattere contro l’America.

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