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Analisi
02.10.19 - 13:000
Aggiornamento: 04.10.19 - 13:30

Tra tasse & balzelli e allarme climatico, il maoismo al contrario della politica svizzera: "Colpirne cento per educarne uno"

È un paradosso con evidente intento provocatorio. Ma aiuta a spiegare come questa forma mentis oppressiva rivestita da intenti educativi condizioni sempre di più le decisioni politiche ad ogni livello. E ha ragione Franco Cavalli quando dice che...

“Punirne uno per educarne cento” era uno dei motti di Mao Zedong, che lo riprese dal detto latino “Unum castigabis, centum emendabis”. Oggi, nella democratica svizzera, che di certo non ha velleità rivoluzionarie, lo slogan maoista è stato riformulato in “Punirne cento per educarne uno”.

 

Il mio è un paradosso con evidente intento provocatorio. Ma aiuta a spiegare come questa forma mentis oppressiva rivestita da intenti educativi condizioni sempre di più le decisioni politiche e la loro applicazione ad ogni livello.

 

Sottostà, per esempio, alla logica del radarismo dilagante che imperversa sulle nostre strade. Quale applicazione più calzante del motto “Punirne cento per educarne uno”?

 

Ma la si ritrova anche, questa forma mentis, come rumore di fondo in tutta una serie di tasse causali di carattere ambientale. Come quella sul sacco e sulla raccolta dei rifiuti, o quella sui posteggi, ancora sub judice al Tribunale federale, ma che di fatto è già applicata da molti comuni ticinesi, che non si sono lasciati sfuggire l’occasione per ritoccare al rialzo – citus mutus - le tariffe dei parcheggi pubblici. Senza dimenticare l’imposta di circolazione che, per quanto commisurata alla cilindrata e ai consumi del veicolo è di fatto una tassa sull’auto, e in Ticino è tra le più care della Svizzera.

 

Si tratta di balzelli che discendono dal principio “chi inquina paga”, e l'allarme climatico, che la politica cavalca tingendosi di verde, sta spalancando le porte a nuove stangate. Il ragionamento che sta alla base di tale principio, condiviso a livello internazionale da una quindicina d’anni, è semplice: i responsabili dell'inquinamento, siano essi industrie o persone, devono sostenere i costi sociali e ambientali che ne derivano, rimuovendo l'onere dallo Stato, e in ultima analisi dal contribuente.

 

Ed ecco il punto: il contribuente. Quando l’utilizzo delle tasse causali diventa uno strumento politico generalizzato, esagerato e iniquo (come sta diventando in Svizzera) le tasche dei cittadini rischiano di trasformarsi in un bancomat dal quale lo Stato può attingere a piacimento. E alla fine si arriva a una sorta di prelievo fiscale parallelo e occulto, aprendo la porta al dubbio che sia finalizzato più a far quadrare i bilanci pubblici che ad “educare” il cittadino. O a finanziare opere, servizi e progetti che lo Stato dovrebbe già garantire con le risorse fiscali di cui dispone, trovandole, se non fossero sufficienti, attraverso i fantomatici risparmi che i politici enunciano sempre ma non fanno mai.

Ormai la politica svizzera ragiona sempre più con la logica dei balzelli. Chiamiamoli pure disincentivi, ma alla fine sempre balzelli sono. Mi viene in mente la mitica scena di “Non ci resta che piangere” quando Benigni e Troisi nella Toscana rinascimentale tentano di passare la dogana a bordo di un carro: “Chi siete? Cosa portate? Quanti siete?... Un fiorino!”.

Di incentivi, invece, nell’ambito della politica ‘educativa’ si parla troppo poco.

 

In queste settimane a Berna si discute del pacchetto di misure per ridurre le immissioni di Co2. C’è chi sostiene che saranno aumenti sopportabili e, soprattutto, che i massimali previsti per le nuove tasse non verranno mai applicati. Ma se una legge è in vigore nessuno vieta di applicarla alla lettera. Comunque, perché mai dovremmo accettare, come cittadini, di firmare una cambiale in bianco con lo Stato sperando nella sua clemenza?

 

Il problema è poi capire cosa significa “sopportabili”. Prendiamo per esempio la tassa sui carburanti: 10 centesimi in più al litro, che saliranno a 12 nel 2025. Facendo i conti della serva, per una persona che usa l’auto per lavoro e percorre 25'000 chilometri all’anno significa un aggravio di almeno 200 franchi.

Una cifra che può sembrare irrisoria, o sopportabile. Ma quando si parla di microtasse, come in questo caso, bisogna valutarle nel complesso di altri aumenti (premi di cassa malati, per esempio) e balzelli vari.

 

Tra le misure in discussione nel ‘pacchetto clima’ c’è anche la tassa sul gasolio, che potrebbe arrivare (non si è ancora capito quando) a 24 centesimi al litro! Per riscaldare una casa unifamiliare bisognerà dunque calcolare almeno 600 franchi all’anno in più (come una tredicesima di cassa malati, insomma). Mettiamoci pure la tassa sui biglietti aerei per un paio di voli all’anno… e si fa presto ad arrivare a un aggravio stimabile attorno ai mille franchi e forse più per nucleo famigliare.

 

È chiaro che andando avanti di questo passo sempre più ticinesi andranno a vivere in Italia (e non solo a Montecarlo!).

 

Lo stesso Franco Cavalli, candidato al Nazionale nella lista Verdi e Sinistra Alternativa, ha messo il dito nella piaga.

“Evitare la catastrofe costerà – ha scritto -. Dovranno pagare soprattutto le aziende inquinatrici (…). Ma tutti pagheremo con le inevitabili ecotasse, soprattutto su benzina e gasolio. Però queste dovranno essere SOCIALMENTE compatibili e non riempire semplicemente le Casse del governo! Cioè tutte queste tasse dovranno essere RIDATE con compensazioni mirate ai meno abbienti che ne saranno soprattutto colpiti: sussidi di cassa malati, aumento prestazioni complementari, aumento aiuti sociali, reddito minimo garantito, etc. Altrimenti avremo, e giustamente, una reazione alla gilets jaunes. Pensiamoci!”.

 

Già, ma il sistema di compensazione auspicato da Cavalli non toccherà tutta quella larghissima fascia di popolazione che non rientra tra i beneficiali di aiuti e prestazioni sociali. Così, il cosiddetto ceto medio (che già fatica a far quadrare il bilancio famigliare) sarà ancora una volta tartassato.

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