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17.06.22 - 17:110

Livelli, inclusione, scuola e lavoro, Bertoli vs AITI. Mauro Dell’Ambrogio: “Ecco cosa penso”

“Continuare a permettere che si possa assumere ruoli dirigenziali senza avere frequentato l’università è più importante che tormentarsi tra livelli A e B. Per contro, dare pari dignità a strade diverse per chi ha attitudini differenti è più efficace

di Mauro Dell’Ambrogio

La scuola deve formare in funzione del mercato del lavoro? Al di là della difficoltà di prevedere le professioni future e dell’utilità di competenze che permettono di adattarsi, va ricordato che poter seguire le proprie inclinazioni è l’effetto di una società benestante. I bambini in Verzasca non avevano alternative a diventare spazzacamini.

Paesi ricchi possono creare occupazione improduttiva, ad esempio con leggi complesse che creano lavoro a burocrati e a rappresentanti di interessi. Ai lavori sdegnati dagli indigeni provvedono gli immigrati. Poveri come siamo di materie prime, dobbiamo il nostro benessere all’essere competitivi nell’industria, nel turismo, nel commercio. Se non dura, chi è meglio formato potrà almeno emigrare con la speranza di non finire in fondo alla scala sociale. Ha quindi ragione Manuele Bertoli, quando afferma che la scuola non deve orientarsi alla manodopera necessaria (oggi), ma anche l‘AITI, quando ricorda il legame tra formazione, lavoro, produttività e benessere, a meno di contare sulla migrazione come soluzione per tutto. È questione di non esagerare in un senso o nell‘altro.

Non bisogna d’altra parte ridurre l’inclusione sociale alla sola inclusione scolastica. Giusto porre attenzione agli effetti selettivi della scuola, ma discriminazioni contro chi parte sfavorito avvengono nonostante il sistema scolastico. Come hanno sperimentato paesi vicini, che hanno puntato tutto sul diritto allo studio e si ritrovano una mobilità tra classi sociali inferiore alla nostra. Continuare a permettere che si possa diventare capo delle finanze o del personale, anche nel settore pubblico, o imprenditore, senza avere frequentato l’università, è molto più importante che tormentarsi tra livelli A e B. Dare pari dignità a strade diverse per chi ha attitudini diverse è più efficace e crea meno effetti collaterali del costringere tutti in una stessa strada, stessa magari solo nelle apparenze. Priorità va data a combattere la tendenza in gran parte del Ticino di preferire scuole a tempo pieno alla formazione professionale in azienda, che rischia di distruggere irrimediabilmente quest’ultima e di privarci di un vantaggio che ci è invidiato in tutto il mondo: per la produttività economica e per l’integrazione sociale.

 

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