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TiPress/Alessandro Crinari
Cronaca
14.08.18 - 02:590
Aggiornamento: 20:33

Il pasticciaccio del Delta Resort. In esclusiva documenti e prese di posizione sul caso che rischia di sfociare in una causa da 20 milioni

Ecco cosa divide i promotori del progetto immobiliare e il Municipio di Locarno. Ed ecco cosa dice il parere dell'ex giudice Lorenzo Anastasi

Si può dire e pensare di tutto, ma l’unica cosa certa è che il caso Delta Resort, il residence che sorge nell’area alberghiera più pregiata di Ascona, ma su territorio di Locarno, è un pasticciaccio.

 

È una di quelle storie intricate, difficili da raccontare e da spiegare, perché è complessa, e perché si trascina da anni, tra domande di costruzione, licenze edilizie, scambio di corrispondenza, equivoci, pareri e interpretazioni giuridiche…

 

Ed è anche una storia delicata, perché contrappone un privato, la famiglia Ambrosoli, proprietaria dell’albergo Park Hotel Delta, a un ente pubblico, il Municipio di Locarno. E perché al centro della vertenza c’è un progetto che nessuno ha interesse a far fallire.

 

Ecco perché liberatv ha deciso di raccontare questa storia in modo diverso, andando oltre i botta e risposta pubblicati fino ad oggi sui media: leggendo i documenti, incrociandoli, e parlando con i protagonisti del caso.

 

Forse una soluzione si potrebbe trovare – anche se gli attacchi e i contrattacchi delle ultime settimane rischiano di comprometterla -. Si potrebbe costruire partendo dalle considerazioni dall’ex giudice del Tribunale amministrativo Lorenzo Anastasi, autore di un parere commissionato dal Municipio e consegnato nell’ottobre del 2016.

 

E sono proprio i contenuti di questo parere che siamo oggi in grado di pubblicare. Parallelamente abbiamo chiesto una presa di posizione circostanziata al Municipio, che per la prima volta ha spiegato la propria tesi punto per punto. Va comunque precisato che il parere di Anastasi non è l’unico elemento sul quale l’autorità comunale fonda la propria posizione.

 

TRA BUONA FEDE E LEGALITÀ

 

Diciamo subito che le due parole chiave di questa intricata vicenda sono: buona fede e legalità. E tra poco vedremo perché.

 

Il problema è complicato, ma sostanzialmente semplice: su un terreno adiacente all’albergo Delta sono state costruite quattro palazzine (quelle che si vedono nella foto di copertina), per un totale di 52 appartamenti, che compongono il Delta Resort.

 

Il complesso sorge in una zona di pianificazione speciale in cui sono ammesse esclusivamente “costruzioni e impianti per l’esercizio di attività turistiche di tipo alberghiero”.

 

Fino al 2004 l’area, di complessivi 66'750 metri quadrati, era agricola. O meglio, nel piano regolatore comunale del 1978 era definita “zona di riserva”, con possibilità di ristrutturazione, ma non di costruzione.

 

Quella superficie è stata trasformata in zona turistico-alberghiera su richiesta dei proprietari, per sostenere l’attività del vicino Park Hotel Delta.

 

IL MOTIVO DEL CONTENDERE

 

La divergenza tra le parti riguarda però le condizioni di utilizzo dei 52 appartamenti che formano il Delta Resort. Ed è proprio su questo punto che si dovrebbe trovare una soluzione di compromesso.

 

I proprietari ritengono che il loro uso dipenda dalle condizioni fissate dal piano di quartiere elaborato per quell’area e dalle licenze di costruzione, che non prevedevano né obblighi di messa a disposizione degli appartamenti a terzi né limiti di utilizzo per i proprietari e i clienti dell’albergo.

 

Il Municipio non la pensa così, in quanto quell’area è sì turistico-alberghiera, ma non residenziale. Quegli appartamenti vanno dunque considerati degli apparthotel, e come tali chi li affitta o li compra deve metterli a disposizione di altri clienti dell’albergo. Non può usarli come residenza, insomma, né primaria né secondaria.

 

Dal profilo economico il problema è evidente: se io vendo un appartamento di lusso e chi lo acquista non può risiedervi che poche settimane all’anno (otto) ed è in più tenuto a metterlo a disposizione di altre persone il prezzo crolla… E l’investimento rischia di non reggere.

 

Anche perché è difficile immaginare che il Park Hotel Delta possa occupare quei 52 appartamenti con clientela alberghiera. Manca la massa critica, evidentemente.

 

Ora, si può sostenere che i promotori ci hanno provato, sperando che nessuno contestasse l’operazione, o che alla fine le cose andassero a posto da sole, secondo il classico “se la và la g’ha i gamb”… Oppure che hanno agito in buona fede, o che sono stati mal consigliati… Si può anche sostenere che il Comune di Locarno doveva essere più chiaro durante la procedura edilizia…

 

Ognuno si farà la sua idea, leggendo questo articolo. Ma per farlo occorre armarsi di pazienza e di concentrazione…

 

IL PEZZO DA 90 DI FULVIO PELLI

 

Sta di fatto che questo pasticciaccio non fa bene a nessuno: alla Città (che tra l’altro avrebbe evidenti vantaggi fiscali se potesse autorizzare la residenza di persone benestanti), ai promotori immobiliari, che hanno effettuato un investimento che di fatto è bloccato (circa 35 milioni, terreno escluso), e nemmeno al turismo del Locarnese e all’immagine della Regione.

 

Nelle scorse settimane la famiglia Ambrosoli e il loro legale, Fulvio Pelli, hanno infatti sparato un pezzo da 90 contro il Municipio, minacciando una causa di risarcimento stimata in 20 milioni. Il titolo del comunicato stampa era: “Locarno rimanda a casa la Svizzera tedesca”.

 

In effetti, a due persone che occupano stabilmente altrettanti appartamenti del Delta Resort (uno in proprietà, il secondo in affitto), il Municipio ha intimato di lasciarli entro il 1° luglio, pena l’intervento della polizia con tanto di sigilli.

 

Poi c’è stato un ricorso sull’ordine municipale e la vertenza è lì ferma. In attesa, tra l’altro, che il Consiglio di Stato si esprima su un altro tema rilevante: in quella zona turistico alberghiera, alla luce delle licenze per il piano di quartiere e per la costruzione rilasciate, è ammessa o no la residenza?

 

Nel frattempo, dei 52 appartamenti che formano il Delta Resort, 12 sono già stati venduti e altri 12 sono (e rimarranno) in gestione all’albergo. Resta da stabilire il destino dei rimanenti 28. Questo è il quadro di partenza.

 

LA POSIZIONE DEL MUNICIPIO DI LOCARNO

 

Da parte sua, su nostra richiesta, il Municipio di Locarno ha precisato di non aver mai concesso in quell’area “un permesso di costruzione per delle residenze. Bisognerebbe chiedere un cambio di destinazione”. E di voler assicurare “il rispetto di uno Stato di diritto come il nostro”.

 

Ha aggiunto che “prima dell’avvio dei lavori di costruzione, il legale della proprietaria ha ricevuto dal Comune due lettere che confermavano espressamente, in termini che più chiari ed espliciti non si può, l’impossibilità di insediare contenuti residenziali”.

 

E che “la proprietaria (Barbara Ambrosoli, ndr) non ha reagito a queste comunicazioni, la prima delle quali risale a più di sei anni fa. Non ha presentato ricorso. Ha comunque costruito le palazzine. Pretende ora in buona fede di non avere compreso cosa significhi una licenza edilizia per un apparthotel. Si tratta di una posizione insostenibile, anche perché in tutte le procedure era assistita dai suoi consulenti”.

 

E ancora, scrive il Municipio: “Nell’ottobre 2016, rispondendo a una interrogazione parlamentare relativa al problema del Delta Resort, il Consiglio di Stato ha ribadito che la zona speciale di Piano Regolatore era riservata a strutture turistico-alberghiere, che i permessi del Delta Resort riguardavano degli apparthotel, che la caratteristica fondamentale di un apparthotel è la messa a disposizione a terzi, che la residenza vi è esclusa e che l'uso dell'immobile in modo non conforme alla licenza rilasciata potrà essere se del caso impedito o sanzionato dall'autorità comunale stessa”.

 

La presa di posizione integrale del Municipio di Locarno è pubblicata alla fine dell’articolo.

 

IL PARERE DI ANASTASI

 

Veniamo ora alla valutazione di Anastasi, che completa, ma per certi versi si contrappone, a quella dell’avvocato del Comune, Claudio Cereghetti, considerato uno dei massimi esperti sul tema in Ticino, datata settembre 2015.

 

E la differenza sostanziale tra i due pareri stilati per conto del Municipio sta proprio sulla valutazione del principio di “buona fede” (o “malafede”) da parte dei promotori del progetto Delta Resort, oltre che sulle possibili conseguenze che una causa potrebbe avere per il Comune.

 

L’avvocato Anastasi premette che nel 2007 Barbara Ambrosoli “ha chiesto al Municipio di rilasciarle una licenza edilizia per un piano di quartiere che prevedeva di costruire quattro stabili abitativi per un totale di 52 appartamenti” che “sarebbero stati venduti con la formula dell’apparthotel”.

 

Scopo dell’operazione immobiliare era quello “di mettere sul mercato appartamenti da vendere, legati però indissolubilmente alla struttura alberghiera da un preciso regolamento di gestione. Si tratta quindi di appartamenti con servizio alberghiero”.

 

Anastasi imputa al Comune di non essere stato abbastanza chiaro nella procedura edilizia: “Il 26 ottobre del 2009 il Municipio ha rilasciato la licenza per il piano di quartiere senza imporre particolari condizioni volte a precisare la modalità di utilizzazione degli appartamenti”.

 

L’anno successivo il Park Hotel Delta ha chiesto il permesso di costruire “le quattro palazzine per alloggi (apparthotel) e nessun approfondimento è stato esperito in merito all’esistenza di un obbligo dei proprietari degli appartamenti di metterli a disposizione dell’albergo per alloggiarvi i suoi clienti. La questione non è stata oggetto di discussione”.

 

Nel 2011 il Municipio ha rilasciato la licenza edilizia, rimandando il tema della gestione degli appartamenti a un futuro regolamento condominiale, e da lì è nato il pasticciaccio. In realtà la divergenza tra le parti ha origine già dall’approvazione da parte del Municipio della licenza del piano di quartiere del 2009, e dall'allegato regolamento condominiale. 

 

A FABIO ABATE IL MUNICIPIO SPIEGÒ CHE...

 

Ma c’è un punto importante che va sottolineato. Rispondendo all’allora avvocato dei promotori, Fabio Abate, che prima dell’inizio del cantiere chiedeva lumi sulle nuove norme legali sulle residenze secondarie sancite in votazione popolare, nell’aprile del 2012 il Municipio ha precisato che i futuri appartamenti avrebbero dovuto avere una destinazione di tipo alberghiero e che il problema della residenza secondaria non si poneva, “visto che la residenza pura e semplice non è ammessa” in quella zona.

 

Poi però, e siamo nell’ottobre del 2014, citiamo sempre dal rapporto Anastasi, “l’avvocato Abate ha chiesto all’Ufficio tecnico di confermargli che a carico delle unità abitative dell’apparthotel non sussisteva alcun obbligo di concederle in locazione a terzi. Stando al citato legale, i funzionari dell’Ufficio tecnico, da lui interpellati, gli avrebbero assicurato che non esisteva alcun obbligo in tal senso, ma che la risposta era di competenza del Municipio. Il 17 dicembre 2014 l’avvocato Abate ha di conseguenza sollecitato il Municipio ad evadere la richiesta, rilevando che un simile obbligo non era mai stato oggetto di discussione in sede di rilascio della licenza, nella quale avrebbe semmai dovuto essere inserito come condizione”.

 

UN GINEPRAIO DI INCERTEZZA

 

La controversia è emersa pubblicamente per la prima volta proprio nel 2014, in seguito a un’interrogazione dei Verdi al Municipio.

L’anno successivo lo stesso Municipio ha chiesto un parere alla Società di Credito Alberghiero, la quale ha concluso che, citiamo sempre dalla perizia, “si tratterebbe di tradizionali appartamenti di vacanza, legati alla struttura alberghiera attraverso un’offerta di prestazioni e servizi, ma liberi da qualsiasi obbligo di locazione a terzi”.

 

Mentre il cantiere procedeva, il Municipio ha chiesto ai promotori di adeguare il regolamento condominiale introducendo l’obbligo per i singoli comproprietari di mettere periodicamente a disposizione dell’hotel i loro appartamenti in modo da garantire un’effettiva utilizzazione turistico-alberghiera.

 

Contro questo provvedimento i promotori hanno ricorso al Consiglio di Stato che, si legge nella perizia Anastasi, “ha ritenuto che il Municipio non potesse imporre condizioni fondate su norme di diritto privato allo scopo di assicurare l’uso alberghiero degli appartamenti”.

 

E il ginepraio di incertezza, già irto di spine, si è ulteriormente infittito.

 

LA PERIZIA DELL’EX GIUDICE BIANCHI

 

Per cercare di far chiarezza, la famiglia Ambrosoli ha così chiesto un parere all’ex giudice federale Sergio Bianchi. Il quale ha osservato, così riassume l’avvocato Anastasi, che la richiesta del Municipio di gravare gli appartamenti con un obbligo di locazione, per quanto opinabile, “potrebbe dar luogo a contenziosi di lunga e difficile soluzione, che potrebbero rivelarsi fatali per l’esistenza dell’albergo, la cui sopravvivenza risponde anche a un interesse generale. Il perito suggerisce quindi alla proprietaria dell’albergo di darvi seguito, condividendo la proposta di mettere gli appartamenti a disposizione dell’albergo per un numero minimo di settimane”.

 

E quest’ultimo è un punto importante, che potrebbe portare a una soluzione del pasticciaccio. Ma il problema è stabilire il “numero di settimane”. Ci arriviamo…

 

ANASTASI: IL MUNICIPIO HA RAGIONE, MA…

 

Veniamo ora alle conclusioni di Anastasi. “A uno stabile d’appartamenti – scrive - può essere riconosciuta la qualifica di apparthotel soltanto nella misura in cui la sua destinazione d’uso è riconducibile ad una struttura alberghiera, poiché risulta caratterizzata in misura preponderante dalla messa a disposizione delle unità abitative per l’alloggio di ospiti dell’albergo”.

 

E ancora: “L’obbligo dell’albergo di fornire altri servizi, quali la ristorazione o la pulizia, agli appartamenti non è principio sufficiente ai fini del riconoscimento della qualifica di apparthotel (…). L’obbligo di utilizzarli secondo criteri di gestione alberghiera sussiste già in forza della destinazione ad apparthotel, autorizzata mediante licenza edilizia, a prescindere dall’esistenza di una norma del regolamento condominiale che lo imponga”.

 

Insomma, afferma Anastasi, se gli appartamenti sono utilizzati dai proprietari o da loro locatari per abitarvi “non si è in presenza di un apparthotel ma di uno stabile residenziale. Né la possibilità di usufruire di servizi alberghieri, né l’obbligo dell’albergo di somministrarli sono atti a modificare questa qualifica”.

 

E va detto che in quell’area il Piano regolatore del Comune prevede, come già precisato, strutture turistico-alberghiere.

 

IL PRINCIPIO DELLA BUONA FEDE

 

Quindi ha ragione il Municipio, scrive Anastasi, che invoca però a questo punto il principio della buona fede, di cui abbiamo parlato all’inizio. Principio che “conferisce ad ogni individuo il diritto di esigere che l’autorità statale si conformi alle sue promesse o ai suoi comportamenti, evitando di contraddirsi o di deludere la fiducia da essa ragionevolmente suscitata”.

 

Secondo lui il Comune di Locarno è stato silente di fronte alle intenzioni comunicate nel 2006 dai promotori e dal loro legale, Abate appunto, e il Municipio “ha assunto un comportamento atto a suscitare nei promotori dell’operazione immobiliare aspettative” che meritano di essere tutelate dal principio della buona fede.

 

Perché, sempre secondo Anastasi, qualora non avesse condiviso l’impostazione data al progetto dai promotori (dunque di vendere gli appartamenti del residence a scopo abitativo), “il Municipio avrebbe dovuto esplicitamente manifestare il suo dissenso, onde evitare che il suo silenzio suscitasse nei promotori l’impressione di avallarla”. In quanto “l’ipotesi di costruire gli appartamenti non già per venderli, ma per metterli a disposizione dell’albergo per alloggiarvi i suoi clienti, non è mai stata presa in considerazione” dai promotori.

 

Anastasi conclude quindi che la scarsa chiarezza da parte del Comune di Locarno ha indotto i promotori a ritenere che per costruire delle palazzine residenziali in quella zona turistico-alberghiera bastasse che l’hotel Delta mettesse a disposizione dei proprietari o degli inquilini i propri servizi.

 

Dunque, la scarsa chiarezza dell’autorità comunale, secondo Anastasi, porta a riconoscere il principio della buona fede da parte dei promotori, in quanto alla luce degli atti il Municipio non può pretendere di aver dato alla stessa qualifica di “apparthotel” il significato che le attribuiscono la legge e la giurisprudenza.

 

Secondo l’ex giudice, infatti, l’aspetto relativo alla messa a disposizione degli appartamenti per alloggiare gli ospiti dell’albergo è stato ripetutamente ignorato (o sottaciuto) da parte dell’autorità comunale nella lunga procedura che ha preceduto la costruzione.

 

IL “WARNIG” DI ANASTASI AL MUNICIPIO

 

Anastasi ne ha per tutti: non lesina critiche nemmeno al legale dei promotori, l’avvocato Abate, al quale attribuisce “una certa mancanza di conoscenze giuridiche della materia specifica e una buona dose di improvvisazione”. Mancanza di conoscenze giuridiche che a suo avviso “è riscontrabile anche nell’esame delle domande di costruzione da parte dell’Ufficio tecnico comunale e, di riflesso, del Municipio”.

 

E alla fine conclude il suo parere con una frase clamorosa: “Ritengo che in caso di vertenza giudiziaria abbia maggiori probabilità di successo la tesi dei promotori”. Un chiaro “warning” all’attenzione del Municipio di Locarno: in sede giudiziaria rischiate di perdere.

 

Nel frattempo, da questa valutazione sono passati quasi due anni. Gli appartamenti sono stati terminati, messi sul mercato e in parte venduti. È chiaro che in questa situazione, dopo la pubblicità che il caso ha avuto a livello mediatico, sarà difficile venderne altri.

 

LA SOLUZIONE DI COMPROMESSO SECONDO ANASTASI

 

Infine, Anastasi ritiene che lo sforzo dei promotori di rivedere il regolamento condominiale, stabilendo un “pool” di almeno 520 settimane di locazione a terzi da parte dell’albergo, da distribuire sui vari appartamenti, sia una decisione apprezzabile per trovare una soluzione alla vertenza.

 

“L’emendamento, di carattere volontario – scrive -, costituisce una soluzione pragmatica, che oltre a dare al Municipio lo spunto per entrare in materia, soddisfa almeno in parte le richieste avanzate dall’autorità”.

 

Quelle 520 settimane corrispondono, se ci fosse (cosa improbabile) un’occupazione del 100%, a 10 appartamenti da mettere a disposizione nella formula dell’apparthotel, che equivalgono al 19% dell’utilizzo totale del complesso. In realtà la famiglia Ambrosoli ha già deciso di destinarne 12 appartamenti all’affitto alberghiero. E pare anche disposta ad aumentare di un centinaio all’anno il numero delle settimane.

 

In ogni caso, come annota Anastasi, “decisivo, dal profilo della conformità di zona, è l’uso della struttura considerata nel suo insieme sull’arco di un anno e non appartamento per appartamento”. Ma aggiunge che determinante sarà comunque l’uso preponderante del complesso a scopo alberghiero.

 

Magari si potrebbe considerare una percentuale di utilizzo nella formula dell'apparthotel diversa da quella indicata dai promotori (520 settimane), che Anastasi cita a un certo punto del suo parere, e che discende da un articolo della LAFE, la legge federale sull’acquisto di fondi da parte di persone residenti all’estero: destinare il 35% degli appartamenti a uso residenziale e vincolare il restante 65% a uso alberghiero. Questa soluzione meglio risponderebbe alla comprensibile volontà del Municipio di trovare un compromesso nei limiti della legalità. In questo modo si potrebbero mettere sul mercato senza alcun vincolo circa 18 appartamenti.

 

Ma forse, a questo punto del pasticciaccio, l’unica via d’uscita è una sentenza giudiziaria, che magari indichi una soluzione di compromesso, simile a quella citata, nella sua prima fase, che è quella della conciliazione. Anche perché il Consiglio di Stato ha già confermato che in quella zona non è ammessa la residenza ma solo la formula dell’apparthotel, che prevede appunto la messa a disposizione di appartamenti a terze persone.

 

Siete arrivati fin qui? Allora tirate un sospiro di sollievo, e leggete cosa ci scrive il Municipio in una nota firmata a nome del collegio dal sindaco, Alain Scherrer.

 

LA PRESA DI POSIZIONE DEL MUNICIPIO

 

Sintesi della situazione – Delta Resort

Premessa

Il caso del Delta Resort è diventato di dominio pubblico, per scelta dei promotori che hanno rilasciato varie dichiarazioni pubbliche, organizzando una conferenza stampa e, verosimilmente, ha distribuito dei documenti per cercare di indebolire la posizione del Municipio.

 

A fronte di questa situazione, il Municipio ha, nel rispetto del diritto di essere sentiti, l’obbligo di informare la popolazione, riassumendo i fatti essenziali.

 

Il Comune non ha nulla da nascondere, seppur vincolato alla confidenzialità ed al segreto d’ufficio. I documenti citati potranno essere consultati se la promotrice darà il suo accordo.

 

Non saranno rilasciate altre dichiarazioni, per non alimentare inutili polemiche.

 

1.

Il complesso del Delta Resort sorge in una zona pianificatoria speciale turistico-alberghiera, “destinata a impianti e strutture per attività turistiche di tipo alberghiero” in cui sono ammesse esclusivamente le “costruzioni e impianti per l’esercizio di attività turistiche di tipo alberghiero” (art. 19 NAPR).

 

2.

Fino al 2004 l’area, di complessivi 66'750 mq, era agricola. È stata trasformata in una zona turistico-alberghiera su richiesta della proprietaria, per sostenere l’attività del vicino Park Hotel Delta.

 

3.

L’area agricola, di notevole pregio paesaggistico, non avrebbe potuto essere trasformata in una zona residenziale normale.

Dei permessi di costruzione per delle residenze non erano e non sono rilasciabili.

 

4.

La proprietaria ha quindi presentato un piano di quartiere per un complesso turistico-alberghiero, approvato il 26 ottobre 2009. Il piano prevede che gli edifici dovranno essere costituiti e venduti come apparthotel (pag. II e articoli 7 e 11).

 

5.

La proprietaria ha infine chiesto il permesso di costruzione, sempre per un apparthotel.

La licenza edilizia concessa dal Municipio il 1° febbraio 2011 autorizza pertanto quattro nuove palazzine per alloggi (apparthotel).

Siccome concerne una destinazione non residenziale bensì alberghiera, la licenza è stata coordinata con l’autorizzazione per l’assicurazione di massima per esercizi pubblici (avviso cantonale 14 gennaio 2011).

Non esiste un permesso di costruzione per delle residenze. Bisognerebbe chiedere un cambio di destinazione.

 

6.

Prima dell’avvio dei lavori di costruzione, il legale della proprietaria ha ricevuto dal Comune due lettere che confermavano espressamente, in termini che più chiari ed espliciti non si può, l’impossibilità di insediare contenuti residenziali.

- lettera 26.4.2012 nel quale si precisa che “la residenza pura e semplice non è ammessa”,

-  lettera del 12 marzo 2014 nella quale si ripete che il permesso di costruzione è stato rilasciato per un apparthotel, non per dei contenuti residenziali.

Inoltre, con lettera 27 marzo 2015, il Municipio ha ribadito il concetto e l’obbligo di messa a disposizione dei terzi (cioè dei turisti) nel rispetto della destinazione turistico alberghiera prevista dal piano regolatore e dal permesso di costruzione.

La proprietaria non ha reagito a queste comunicazioni, la prima delle quali risale a più di sei anni fa. Non ha presentato ricorso. Ha comunque costruito le palazzine. Pretende ora in buona fede di non avere compreso cosa significhi una licenza edilizia per un apparthotel. Si tratta di una posizione insostenibile, anche perché in tutte le procedure era assistita dai suoi consulenti.

 

7.

Nel gennaio 2016 la proprietaria ha ricevuto una sentenza che ricorda come l’uso delle costruzioni deve essere rispettoso della zona per impianti e strutture di tipo alberghiero e che il criterio principe di una destinazione alberghiera è la messa a disposizione di terzi degli appartamenti.

 

8.

Nell’ottobre 2016, rispondendo a una interrogazione parlamentare relativa al problema del Delta Resort, il Consiglio di Stato ha ribadito che la zona speciale di Piano Regolatore era riservata a strutture turistico-alberghiere, che i permessi del Delta Resort riguardavano degli apparthotel, che la caratteristica fondamentale di un apparthotel è la messa a disposizione a terzi, che la residenza vi è esclusa e che l'uso dell'immobile in modo non conforme alla licenza rilasciata potrà essere se del caso impedito o sanzionato dall'autorità comunale stessa.

 

9.

Dal settembre 2016, il Comune ha concesso i permessi di abitabilità, secondo cui l’utilizzazione dovrà essere conforme alla destinazione d’uso (apparthotel). Questi permessi non sono stati contestati.

 

10.

Il 21 aprile 2017 il Municipio ha scritto al patrocinatore della proprietaria confermando il divieto di residenza e l’obbligo di messa a disposizione di terzi. Anche questo scritto non è stato contestato mediante ricorso.

La lettera, come tutti i documenti citati, è a disposizione alle condizioni citate in ingresso.

 

Conclusioni

La posizione del Municipio di Locarno è fondata sui fatti menzionati. È il frutto di diversi rapporti commissionati ad avvocati esterni e ai servizi comunali, che hanno esaminato diversi aspetti del problema.

 

Le decisioni prese sono esecutive. Assicurano il rispetto di uno Stato di diritto come il nostro.

 

Siccome non esiste un permesso di costruzione per delle residenze, ma solo per un apparthotel, il punto essenziale delle decisioni è il divieto della residenza.

 

È stato ammesso un certo numero di settimane di uso diretto solo per rispettare il principio della proporzionalità. In sostanza, pur vietando la residenza, il Municipio ha autorizzato gli acquirenti/inquilini a utilizzarle personalmente per un massimo di otto settimane l’anno, con l’obbligo di metterle a disposizione dei turisti il resto dell’anno.

 

Nelle procedure in corso, i promotori sostengono di non avere compreso cosa significhi una licenza edilizia per un apparthotel (per altro da loro stessi richiesta) e di ignorare, in buona fede, che nel Delta Resort la residenza sia esclusa. È inoltre chiaro per tutti cosa significa quando il Municipio scrive ai promotori "la residenza è esclusa".

Le decisioni valgono però anche per chi afferma di averle interpretate in altro modo, a maggior ragione se è assistito da consulenti professionisti.

 

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