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Cronaca
13.02.17 - 10:190
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:41

Arriva la querela? La RSI contro una pagina Facebook per un post con protagonista Clarissa Tami. L'azienda: "Diffamazione". La replica: "Libertà d'espressione"

Sta facendo discutere e rischia anche di sfociare in una denuncia il post pubblicato il 5 febbraio sulla pagina Facebook “Il ticinese medio”, uno dei molti gruppi social sorti negli ultimi tempi

LUGANO - Sta facendo discutere e rischia anche di sfociare in una querela il post pubblicato il 5 febbraio sulla pagina Facebook “Il ticinese medio”, uno dei molti gruppi social sorti negli ultimi tempi. Il post è in sostanza un fotomontaggio che accomuna alcune note strutture (Castelgrande, Splash & Spa e LAC) con la conduttrice della RSI Clarissa Tami.
 
Il titolo è: “Cose ticinesi in cui vorrei entrare”. Il senso non ha certo bisogno di spiegazioni…
 
Il 9 febbraio l’ufficio giuridico della RSI ha scritto via messenger al gestore anonimo della pagina Facebook rendendolo attento che è responsabile dei contenuti pubblicati e anche dei commenti, alcuni dei quali (in seguito cancellati) erano molto pesanti.
 
“Il post – scrive il servizio giuridico – e alcuni commenti sottostanti sono lesivi della dignità e dell’onorabilità di due collaboratrici della RSI (una seconda era stata tirata in ballo dagli utenti, ndr), poiché raffigurano un’oggettificazione sessuale della donna inaccettabile e ravvisano elementi di bullismo ormai tristemente noti sul web, che mai tengono in considerazione gli effetti sulla persona reale di queste bassezze virtuali”.
 
I legali della RSI hanno quindi chiesto di cancellare entro 24 ore “il post diffamatorio, riservandoci di adire altre vie ed altre istanze qualora ciò non dovesse avvenire”.
 
Ma i gestori della pagina Facebook invocano la libertà di espressione e si rifiutano di rimuovere il post. 
“Oggi – scrivono pubblicando la richesta della RSI - abbiamo ricevuto questo messaggio. Iniziamo dicendo che il post in questione non intende ledere in nessun modo Clarissa Tami.

In realtà il senso (per chi lo capisse) sarebbe quello di affermare che sia una sex symbol del nostro territorio.
 
La definizione di "cosa", da Treccani, toglie ogni dubbio sulla legittimità di utilizzare tale termine in questa circostanza:
"È il nome più indeterminato e più comprensivo della lingua italiana, col quale si indica, in modo generico, tutto quanto esiste, nella realtà o nell’immaginazione, di concreto o di astratto, di materiale o d’ideale".
Vi sembra normale che la RSI, ente statale, utilizzi soldi pubblici per perdere tempo in simili idiozie?
Intanto, per circa altre 20 ore, il post continuerà ad essere on-line, e vedremo se questa minaccia di ricorrere a vie legali avrà poi un reale seguito.
La nostra libertà d'espressione non può essere limitata da simili minacce. No alla censura”.
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