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Cantonali 2023
29.01.23 - 10:400

Quale scuola?

Andrea Giudici: "La storia ci dice invece che il francese è la lingua con il quale è nato il Cantone, con l’atto di mediazione napoleonico del 1803"

*Di Andrea Giudici

Il recente contributo di Moreno Bernasconi sul Corriere del Ticino dal titolo emblematico, sia pure interrogativo “Addio classi inclusive?” ripropone correttamente il quesito che occupa e tormenta la scuola in Europa, in Svizzera e quindi anche in Ticino. Quale è l’obiettivo fondamentale della scuola? Trasmettere il sapere oppure essere un ente di socializzazione “inclusiva” teso a eliminare ogni differenza, senza occuparsi di contenuti stabiliti in programmi dalle autorità politiche. In questo contesto sono tornato a rileggere un mio articolo pubblicato sul Corriere del Ticino il 26 maggio 2017 dal titolo “La scuola che non verrà e il sistema francese”.

In quello scritto mi opponevo criticamente al progetto del DECS allora in esame, quale primo oppositore parlamentare a un’iniziativa che andava nettamente verso la seconda opzione del dilemma, riducendo la scuola a una semplice fornitura delle cosiddette competenze secondo modelli teorici francesi degli anni Ottanta. Con l’obiettivo ideologico della suddetta inclusione. Il dibattito che ne seguì, malgrado l’approvazione del parlamento, portò al naufragio clamoroso di
quel progetto in votazione popolare.

Moreno Bernasconi espone come il modello delle classi inclusive sia oggi contestato in molti cantoni, in particolare a Basilea città, da parte degli stessi rappresentanti dei docenti che ne constatano il fallimento sia educativo che sociale. Le classi uniche sconfiggono gli ultimi. L’esperienza concreta ha contraddetto gli esperti che prefiguravano il modello delle classi inclusive come operazione vincente per tutti. Un sondaggio della NZZ ha accertato che nel cantone Zurigo il 66% degli
interrogati desidera un ritorno al modello delle classi differenziate. Il partito liberale zurighese propone una soluzione organizzativa separando le classi, in base alle materie lingua tedesca e matematica.

Il dilemma era già stato risolto da Stefano Franscini quando si rivolse ai primi docenti dello Stato ticinese appena nato, scrivendo: “I maestri apprendano prima ciò che devono insegnare e poi vedano come ai ragazzi si insegni”. La legge della scuola ha deciso la questione in modo chiaro pronunciando che la scuola è una istituzione “per la trasmissione critica del sapere”, non quindi in primis una sede di socializzazione, volta a escludere differenze di ogni tipo. “La scuola è sempre stata riconosciuta come il luogo della trasmissione dei saperi da una generazione all’altra, oggi la conoscenza intesa come sapere viene messa in discussione” osserva in modo critico Virginio Pedroni, già docente di filosofia e storico intellettuale di sinistra. “Il ruolo formativo mediato dal sapere deve restare prioritario rivolto allo studente che è una persona con ragione e sentimenti, non un aggregato di competenze pronte per l’uso”, afferma sempre Pedroni (CdT 25.11.2022). Valutazioni
che condivido completamente. L’homo sapiens di fronte all’homo faber: una scelta umanistica e non utilitaristica, quale quella proposta dalla UE (studio Pisa), suggerita se non imposta dall’utilitarismo USA.

Questo sapere è dato dalla trasmissione della cultura e della lingua, indispensabile per la lettura dei grandi classici, inoltre dalla storia, dalla scienza, dall’apprezzamento dell’arte nei secoli. Questo bagaglio di conoscenze forma la capacità critica di affrontare il futuro professionale e di vita, di valutare quanto sia utile conservare del passato e invece sia necessario modificare nel presente. Questi obiettivi sono decisivi, devono essere presenti e prioritari rispetto a problemi organizzativi
interni della scuola. Questo sia il paradigma, ancora oggi, cui riferirsi rispetto a innovazioni organizzative, quali l’abolizione dei livelli, l’introduzione anticipata del tedesco ed altro ancora.

Un esempio: perché il francese è la prima lingua straniera ad essere insegnata in Ticino? Per motivi utilitaristici? Non è certo il caso, perché il Ticino è stato sempre dipendente economicamente dalla Svizzera tedesca. Perché è di più facile apprendimento? La storia ci dice invece che il francese è la lingua con il quale è nato il Cantone, con l’atto di mediazione napoleonico del 1803. Non è stata poi indifferente anche la derivazione culturale latina. Senza conoscere queste relazioni e
approfondimenti che sono alla base della trasmissione del sapere si rischiano battute d’arresto, come a Basilea città, o clamorose sconfitte come la “Scuola che verrà”.

*candidato UDC al Gran Consiglio

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